E dopo 2011?

IMPRENDITORE ACCUSATO DI OMICIDIO COLPOS – (AGI) – Lecce, 3 nov.- Imputazione coatta con l’accusa di omicidio colposo per l’imprenditore salentino Luca Sergio, rappresentante della Selcom, societa’ del gruppo Adelchi. Il gup di Lecce, Vincenzo Brancato, al quale la Procura aveva avanzato richiesta di archiviazione della sua posizione, ha ritenuto che anche Sergio debba affrontare l’udienza preliminare, per chiarire le sue responsabilita’ in merito alla morte di Lisa Picozzi, ingegnere piemontese di 31 anni, che mori’ cadendo dal solaio di un capannone industriale durante un sopralluogo. Il sostituto procuratore Paola Guglielmi aveva, infatti, chiesto il rinvio a giudizio solo per l’altro indagato, l’ingegnere Davide Scarantino, amministratore delegato della Sun System, l’azienda milanese per cui la vittima lavorava. L’incidente avvenne il 29 settembre 2010, mentre la Picozzi stava effettuando un sopralluogo sul tetto di un capannone sul quale avrebbero dovuto essere installati dei pannelli fotovoltaici. Il rivestimento in eternit presente sul solaio, infatti, aveva nascosto un lucernaio in plexiglas, che si frantumo’ appena la donna vi mise il piede sopra, facendola precipitare da un’altezza di sette metri. Secondo il gup, tale circostanza, si verifico’ anche a causa delle inadempienze della ditta titolare del capannone, per cui la responsabilita’ del titolare deve essere valutata in udienza preliminare. Il reato contestato e’ omicidio colposo, commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Il giudice Brancato, nel suo provvedimento, evidenzia anche la necessita’ di approfondire la posizione di Adelchi Sergio, padre di Luca, in qualita’ di socio di minoranza della Selcom.

SEQUESTRATO CANTIERE AD OTRANTO, DUE INDAGAT – Lecce, 25 ott.- Cantiere sottoposto a sequestro e due indagati per infortunio sul lavoro: e’ questo il risultato dei primi accertamenti condotti dagli investigatori sull’incidente che ha coinvolto un operaio di 64 anni di Nardo’ (Le), precipitato in un pozzo luce mentre lavorava in un cantiere di Otranto (Le). Il sostituto procuratore Paola Guglielmi ha iscritto nel registro degli indagati i nomi del titolare della ditta di Nardo’ che aveva in appalto la realizzazione del residence e l’architetto direttore dei lavori. Stando alle prime verifiche, il magistrato avrebbe riscontrato sul cantiere diverse violazioni alle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e ha inteso quindi inibire l’accesso all’opera, convalidando il sequestro preventivo e chiedendo poi al gip di mantenere i sigilli. L’incidente si e’ verificato nel pomeriggio e ha avuto come protagonista un operaio anziano, che dopo un volo di cinque metri, ha sbattuto violentemente la testa contro il suolo. L’uomo e’ stato trasportato d’urgenza all’ospedale Vito Fazzi, dove versa in gravi condizioni.

CONDANNATA METALPOINT LA RECIDIVA (ANSA) – CASERTA, 11 OTT – Il giudice monocratico della sezione staccata di Marcianise del Tribunale di S.Maria Capua Vetere (Caserta) ha condannato ad otto anni di reclusione i titolari dello stabilimento del settore alluminio ‘Metalpoint di Marcianise‘, nel quale nel 2007 tre operai furono investiti da una esplosione sprigionatasi da un pozzo di colata di alluminio fuso che stavano pulendo. Nell’incidente morì Giovanni Lo Masto, operaio di 28 anni, mentre due compagni di lavoro rimasero ustionato per il 60 per cento della superfice corporea. Il tribunale ha anche condannato l’azienda al risarcimento danni ai familiari del giovane operaio morto ed ai due feriti, costituitisi parte civile, 30 mila euro ciascuno. «Si tratta – ha spiegato Donato Ceglie, all’epoca dell’incidente sostituto procuratore della Repubblica di S.Maria Capua Vetere, che coordinò le indagini disponendo anche l’arresto di Gentile, successivamente scarcerato – della più pesante condanna inflitta al Sud da un Tribunale, per i titolari di aziende nelle quali sono stati registrati infortuni sul lavoro». Ai titolari della Metalpoint è stata anche contestata la recidiva, in quanto dieci anni fa, in un analogo incidente perse la vita un altro operaio.

6 OTTOBRE – OPERAIO TRAVOLTO DA TRENO, SOCIETA’ FS IMPUTATA DAVANTI GUP 3 RESPONSABILI ‘RETE FERROVIARIA’ ACCUSATI OMICIDIO COLPOSO (ANSA)

Rete Ferroviaria Italiana spa, la società controllata da Ferrovie dello Stato, è imputata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti nell’udienza preliminare, che si è aperta oggi, con al centro la morte di un operaio che nel 2008 venne travolto e ucciso da un treno mentre stava eseguendo dei lavori nella fermata ferroviaria di Rho-Pero, a Milano. Davanti al gup di Milano Andrea Salemme, sono imputati tre responsabili all’epoca della società delle Ferrovie per cooperazione in omicidio colposo, assieme ad altre due persone che si occupavano dei lavori nella tratta ferroviaria Milano-Torino, uno dei quali in qualità di coordinatore del progetto per Metropolitana Milanese. Anche quest’ultima società, come Rti e come una impresa di costruzioni, è imputata per la legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa. L’operaio, Carlo Pistoni di 56 anni, stando alle indagini del pm di Milano Francesca Celle, venne travolto mentre lavorava sui binari alla stazione di Rho, verso la mezzanotte del 6 marzo 2008, sulla linea “alta capacità Milano-Torino in corrispondenza del nuovo polo fieristico”. Stando alla richiesta di rinvio a giudizio, non sarebbero state prese adeguate misure per la “sicurezza del cantiere” e non sarebbe stato “valutato il rischio dell’investimento lavorativo”. Inoltre, “gli addetti al controllo della sicurezza” lungo i binari erano muniti, secondo il pm, di un “unico dispositivo di segnalazione”. Il gup nell’udienza di oggi, accogliendo la richiesta delle difese, ha ordinato al pm di riformulare in alcune parti il capo di imputazione e l’udienza proseguirà il prossimo 30 novembre.

Pirelli, rinviati a giudizio 11 ex-dirigenti per amianto 23 settembre – Il gup di Milano Luigi Varanelli ha rinviato a giudizio oggi 11 ex-dirigenti di Pirelli per la morte di diversi operai a causa dell’amianto negli anni 80. Gli 11 ex-dirigenti – in Pirelli tra il 1979 e il 1988 – sono accusati di omicidio colposo aggravato e di lesioni colpose per la morte o la grave malattia di operai che all’epoca dei fatti lavoravano negli stabilimenti milanesi di viale Sarca e via Ripamonti. Il processo inizierà il prossimo 19 dicembre davanti ai giudici della VI sezione penale. Sono 24 gli operai morti o ammalatisi gravemente a causa dell’ amianto. In una nota, Pirelli sottolinea che “non ha mai utilizzato amianto quale componente nella produzione degli pneumatici e che all’epoca l’uso dell’amianto negli edifici era pratica comune nelle tecniche di costruzione”.

PM ‘ESSELUNGA A PROCESSÒ ‘NON PRESE TUTELE PER MORTI BIANCHE, 7 A GIUDIZIO PER OMICIDIÒ (ANSA) – MILANO, 22 SET – Nell’ottobre del 2009, un operaio morì schiacciato da un camion nell’area scarico merci di un supermercato Esselunga a Milano. Per quella ‘morte bianca’, il pm di Milano Francesca Celle ha chiesto il rinvio a giudizio anche per la catena di punti commerciali di Bernardo Caprotti, che è imputata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti perchè, all’epoca dei fatti, «non si era ancora dotata di alcun modello organizzativo e gestionale» finalizzato alla «prevenzione del reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro». Il pm ha chiesto il processo per omicidio colposo anche per sei dipendenti, tra direttori e responsabili della società, e per il legale rappresentante della azienda di trasporti per la quale lavorava la vittima. L’operaio, Claudio Birolini, 45 anni, con una moglie e due figli (assistiti dall’avvocato Michele Iudica), era rimasto schiacciato contro il muro da un camion, il 26 ottobre 2009, nell’area merci del supermercato. Secondo il pm, che ha disposto una consulenza tecnica, la tragedia si sarebbe potuta evitare se Esselunga avesse eliminato le «pendenze improprie del piazzale merci del supermercato» e creato «uno spazio di rifugio antischiacciamento» per gli autisti. In più, ci sarebbe voluto «un sistema di sorveglianza continuativa dei conducenti al carico/scarico su piazzale da parte di personale debitamente addestrato». L’assenza di misure di sicurezza ha però permesso, secondo il pm, a Esselunga di avere «un vantaggio per risparmio di costi di adeguamento antinfortunistico del supermercato». Il pm ha dunque chiesto il processo per la società, nella persona del legale rappresentante, Bernardo Caprotti.

SASSARI, 21 SETDopo due anni si è definitivamente conclusa con la condanna all’Inail al risarcimento, la vicenda del mancato riconoscimento dell’indennità alla vedova di Mario Soggiu, l’operaio algherese di 56 anni morto sul lavoro a Bergamo nel 2009. Il giudice del lavoro del Tribunale di Sassari, Francesca Lupino ha dichiarato cessata la materia del contendere e condannato l’Inail al pagamento delle spese di lite, pari a 1.200 euro. Ieri, con la firma delle parti in Tribunale era stata posta la parola fine al procedimento, la cui sentenza peraltro era scontata dopo che l’Inail, in ritardo di due anni dall’infortunio mortale, aveva deciso di riconoscere già nel luglio scorso la rendita alla famiglia della vittima. Soggiu, al suo primo giorno di lavoro nel cantiere di Bergamo, morì il 15 luglio del 2009. Subito dopo la pausa pranzo l’incidente: l’operaio si trovava nella torre numero 3 della struttura in costruzione e precipitò in un vano scale. Una zona in cui, secondo l’Inail, non avrebbe dovuto trovarsi. E su questo, principalmente, si era basato il rifiuto del riconoscimento dell’indennità alla famiglia, nonostante numerose perizie, tra le quali quella della Asl, avessero accertato tutti gli elementi per dichiarare l’incidente mortale come infortunio sul lavoro.

Bergamo, 10 settembre 2011 Fine della telenovela. A due anni dalla morte di Mario Soggiu, 56 anni, l’idraulico sardo precipitato per quasi tre metri nel cantiere del nuovo ospedale il 15 luglio del 2009, l’Inail di Sassari ha riconosciuto alla vedova dell’operaio l’indennità, versando alla donna la somma prevista per le prestazioni di legge previste dall’articolo 85 del Dpr 1124/65. In precedenza l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro si era rifiutato di pagare tale indennità non riconoscendo l’infortunio sul lavoro in quanto l’incidente «è avvenuto in una zona dove l’uomo non doveva stare, non di sua competenza lavorativa». Tutto questo nonostante gli accertamenti dell’Asl di Bergamo, che hanno chiarito la dinamica dell’accaduto, e la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura orobica nei confronti di sei persone, tutte accusate, a vario titolo, della sicurezza sul cantiere. Adesso l’improvvisa retromarcia.

Capocantiere e due operai in carcere per l’infortunio sul lavoro di Punta Marina – venerdì 09 settembre 2011 . Nelle prime ore di oggi, la Polizia ha arrestato un cittadino italiano di 47 anni, un rumeno di 49 anni e un tunisino di 21, tutti dipendenti della medesima impresa edile, per i reati di estorsione, omissione di soccorso e favoreggiamento reale in relazione alla violazione della normativa in materia di infortunistica e tutela della salute dei lavoratori negli ambienti di lavoro. L’operazione è collegata all’infortunio sul lavoro di ieri dove è rimasto gravemente ferito un 29enne.
L’uomo, gravemente ferito, aggiungeva che gli era stato offerto prima del denaro per dichiarare falsamente di essersi infortunato all’esterno del cantiere, al fine di non coinvolgere l’impresa in pesanti sanzioni sia di natura penale che di natura economico patrimoniale e poi minacciato. Gli arrestati, inoltre, per alterare la scena dell’incidente e modificare lo stato dei luoghi, al fine di fare apparire una dinamica dell’evento totalmente diversa dalla realtà dei fatti e allo scopo di nascondere  le evidenti violazioni delle norme antinfortunistiche, tentavano ripetutamente di spostare l’infortunato senza preoccuparsi di compromettere irrimediabilmente la sua salute.

L’AQUILA, 5 SET – La Procura della Repubblica dell’Aquila ha iscritto nel registro degli indagati sei persone nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Nicola Salvi, l’operaio di 52 anni vittima venerdì scorso di un incidente sul luogo di lavoro all’interno della ditta Forex nel nucleo industriale di Bazzano (L’Aquila). L’ipotesi di reato sono di omicidio colposo e lesioni colpose; si tratta comunque di avvisi di garanzia da considerare tecnici perchè consentono agli indagati di nominare dei consulenti. Sali è stato schiacciato da una trave caduta per il cedimento di una catena che la sorreggeva. Gli indagati sono di Riccardo e Remo Chiodi, quest’ultimo ricoverato al San Salvatore dell’Aquila perchè coinvolto nell’incidente, titolari dell’omonima ditta di Giulianova (Teramo) per la quale lavorava la vittima, Francesco e Sergio Foresi della Forex, Augusto Iovenitti, responsabile della sicurezza dell’azienda aquilana, e Domenico Gilento. Intanto, nell’ospedale di Avezzano (L’Aquila) nel pomeriggio è prevista l’autopsia sul corpo dell’operaio al fine di stabilire le cause della morte. Salvi era impegnato all’interno dello stabilimento «Forex Prefabbricati Srl» nella sistemazione e collaudo di un grosso macchinario utilizzato per la realizzazione di pareti mobili in cemento prefabbricato, quando una trave si è staccata e lo ha ucciso, ferendo l’altro operaio che era vicino a lui, mentre il terzo collega è rimasto illeso. Il sostituto procuratore dell’Aquila, Roberta D’Avolio, titolare dell’inchiesta, ha disposto anche il sequestro del macchinario e dell’area dove è avvenuto l’incidente e della catena spezzata.

SIMULANO INCIDENTE STRADALE PER NASCONDERE INFORTUNIO MORTALE SU LAVORO – Le forze dell’ordine hanno deferito in stato di libertà Giovanni Rella per omicidio colposo derivante dall’inosservanza di norme per la sicurezza dei lavoratori; Giuseppe Di Pasquale e altre persone per favoreggiamento personale, per aver aiutato Rella ad eludere le investigazioni dell’autorità, architettando un falso incidente stradale, oppure nascondendo quanto a loro conoscenza; Mario Di Bari per il reato di autocalunnia per aver incolpato se stesso di un reato che sapeva di non aver commesso, e per favoreggiamento personale. Sono stati denunciati a piede libero Saverio e Antonio Cristiani, rispettivamente amministratore e socio accomandatario della ditta ‘Edil Cria’, società appaltatrice dei lavori di realizzazione dell’opificio sul cantiere interessato, per cooperazione colposa nell’omicidio e per violazione del Decreto Legge 81 del 2008 (decreto antinfortunistica), poichè è stato accertato che Leonetti cadde da un ponteggio costruito proprio da quella ditta, peraltro subito smontato dopo l’incidente e non realizzato in piena conformità alle norme antinfortunistiche.

ARRESTO ISPETTORE ASL – CASERTA, 5 LUG – Un ispettore dell’Asl di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e due professionisti operanti nel campo della sicurezza del lavoro, sono stati arrestati dai carabinieri del comando provinciale di Caserta che hanno poi notificato il divieto di dimora nella provincia casertana a due dirigenti del Comune di Capua. I destinatari dei provvedimenti, emessi dal Tribunale di S.Maria Capua Vetere, accusati a vario titolo di falso ideologico e corruzione aggravata in concorso, secondo le risultanze delle indagini dei carabinieri, coordinate dalla procura della Repubblica di S-Maria Capua Vetere, a seguito di un incidente sul lavoro di una dipendente del Comune, «si sarebbero prodigati per produrre falsi certificati relativi alla sicurezza sui luoghi di lavoro attestanti corsi di formazione nello specifico settore, mai effettuati». Uno dei professionisti coinvolti nell’indagine avviata dai carabinieri di Grazzanise, comune confinante con Capua, è stato fittiziamente anche nominato responsabile della sicurezza e della Prevenzione sui luoghi di lavoro, retrodatando l’assunzione ad un periodo antecedente all’infortunio avvenuto all’interno della casa comunale di Capua.

BARI, 7 GIU – Il gup del Tribunale di Bari Marco Guida ha condannato i due presunti responsabili dell’incidente sul lavoro all’Hotel delle Nazioni, sul lungomare di Bari, nel quale il 6 novembre 2008 morì Nicola Cassotta, di 35 anni, e rimase ferito Massimo Reganò, di 25. Per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi sono stati condannati a un anno e otto mesi di reclusione (pena sospesa) l’imprenditore Vito Fusillo, amministratore della società edile Fimco di Noci e a due anni e otto mesi Saverio Basile, titolare dell’azienda Bm Lift di Andria, che aveva in appalto i lavori di smontaggio degli ascensori dell’ex albergo, di proprietà della Fimco. La sentenza è stata emessa al termine di un procedimento con rito abbreviato. Il pm che ha coordinato le indagini, Marcello Quercia, aveva chiesto per Fusillo la condanna a due anni e per Basile a due anni e sei mesi. I due operai erano sull’ascensore numero 4, sospeso tra il sesto e il quinto piano (a circa 20 metri d’altezza), per smontare le linee guida. La cabina, priva di sistema di frenata, avrebbe ceduto per il peso, precipitando. Cassotta morì dopo dieci giorni di coma, Reganò rimase gravemente ferito.

BARI – C’è molto più di un semplice collegamento tra il cancro ai polmoni che lo ha colpito e ucciso e l’attività di operaio svolta per circa trent’anni all’interno della ex «Brema». Il decesso di Alfredo Loiacono, per 30 anni dipendente dello stabilimento di pneumatici «è stato causato da malattia professionale adenocarcinoma polmonare con metastasi pleuriche». Così l’Inail dovrà pagare agli eredi la rendita richiesta sin dal 2003, quando venne presentata l’istanza per il riconoscimento della malattia professionale, negata in via amministrativa dall’istituto, controparte nel processo.
Lo ha stabilito una sentenza emessa dal giudice del lavoro, una delle prime, almeno per la «Bridgestone», ad avere individuato un nesso diretto tra patologia e svolgimento dell’attività, fino a ieri respinto in analoghi ricorsi instaurati tra lavoratori dello stabilimento ed Inail, cioè l’ente per legge tenuto, in caso di malattia professionale, a riconoscere la relativa indennità.
La vicenda giudiziaria conclusa nei giorni scorsi è iniziata nel 2003 quando gli eredi di Loiacono chiesero inutilmente all’Inail il riconoscimento della malattia professionale. Secondo l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, il decesso avvenne a causa di una malattia comune che non aveva nulla a che fare con l’attività lavorativa di Loiacono. La domanda fu così rigettata, ma gli eredi dell’operaio non si sono dati per vinti. Nel 2007 il loro difensore, avvocato Pierpaolo Petruzzelli ha presentato un ricorso davanti al Tribunale del lavoro. Per il giudice Assunta Napoliello l’operaio «era affetto da una patologia di origine professionale che ne ha causato la morte».
Loiacono, barese, dopo avere lavorato come imbianchino, a 24 anni è stato assunto nella «Brema» (poi «Firestone», poi «Bridgestone») nel 1972. Fino al 2001 (quando ha scoperto che il cancro aveva aggredito i polmoni) aveva lavorato come addetto all’attività di produzione dei cerchietti e più precisamente alla trafilatura, ovvero allo srotolamento del filo metallico da rocchette preconfezionate che veniva passato attraverso un bocchettone ricoperto di gomma. Il filo veniva poi arrotolato a strati e tagliato su tamburi di varie dimensioni. Era questa la sua principale mansione. Dalla consulenza tecnica d’ufficio è emerso come Loiacono non fosse mai stato esposto, fuori dal lavoro, ad alcuno dei fattori di rischio noti per il carcinoma polmonare. In particolare è stato escluso che avesse mai fumato nel corso della sua vita, circostanza emersa in occasione di ciascuna delle numerose visite periodiche effettuate dal medico aziendale. Loiacono è morto nel 2003 a 55 anni.

Il consulente tecnico d’ufficio, Onofrio De Lucia, specialista in medicina legale ha accertato la sussistenza di un «generico rischio amianto» nello stabilimento, per non parlare della «presenza diffusa delle fibre di amianto» negli ambienti di lavoro.

«L’accertata esposizione ultratrentennale durante la vita lavorativa a sostanze con potenzialità cangerogena – ha scritto il giudice – e l’assoluta mancanza nella storia clinica di fattori di rischio extralavorativo, deve essere considerata condizione essenziale, anche se non esclusiva, nell’insorgenza della patologia neoplastica».

Non si tratta di una sentenza definitiva e l’Inail potrebbe impugnare il provvedimento in appello. Intanto, però, il giudice del lavoro ha condannato l’istituto «a costituire e corrispondere alla ricorrente la rendita ai superstiti». Indennità che era stata richiesta con istanza presentata nel 2003 e che ora va integrata con i relativi interessi.

CHIESTE CONDANNE PER 2 IMPRENDITORI A BARI PER MORTE DI UN ASCENSORISTA E FERIMENTO DI UN SUO COLLEGA (ANSA) – BARI, 17 MAG – Due richieste di condanna al processo per l’incidente sul lavoro avvenuto nel 2008 nell’ex hotel delle Nazioni di Bari in cui morì l’operaio 35enne Nicola Cassotta e rimase ferito il suo collega 25enne Massimo Reganò. Nell’immobile erano in corso lavori di ristrutturazione straordinaria. Il pm del tribunale di Bari, Marcello Quercia, ha chiesto la condanna a due anni di reclusione per omicidio colposo e lesioni colpose gravi, per Vito Fusillo, imprenditore e amministratore della società edile ‘Fimco‘ di Noci (Bari). Per gli stessi reati è stata chiesta la condanna a due anni e sei mesi per Saverio Basile, titolare dell’azienda ‘Bm Lift‘ di Andria, che aveva in appalto i lavori di smontaggio degli ascensori dell’ex Hotel che si trova sul lungomare di Bari ed è di proprietà della Fimco. Il processo si sta celebrando con rito abbreviato davanti al gup del tribunale di Bari Marco Guida. L’incidente avvenne in un ascensore dell’ex hotel Nazioni il 6 novembre del 2008. Secondo l’accusa, i due operai erano sull’ascensore numero 4, sospeso tra il sesto e il quinto piano (a circa 20 metri d’altezza), per smontare le linee guida. L’ascensore, privo di qualunque sistema di frenata, avrebbe ceduto per il peso, precipitando. Cassotta morì dopo dieci giorni di coma. Reganò rimase gravemente ferito. La sentenza è prevista per il prossimo 31 maggio. La famiglia Cassotta è costituita parte civile. Un altro imputato, Angelo Lippolis, l’ingegnere coordinatore della sicurezza del cantiere, è a processo con rito ordinario.

Matera, 26 mar. – (Adnkronos) – Tre persone sono state denunciate dai carabinieri per un infortunio sul lavoro avvenuto a Montescaglioso (Matera) il 24 giugno dello scorso anno. In un cantiere in localita’ Petrizza un operaio 38enne di origine marocchina precipito’ dall’impalcatura esterna da un’altezza di quasi tre metri. Soccorso da personale del 118, fu trasportato in eliambulanza all’ospedale San Carlo di Potenza in prognosi riservata. Oggi e’ completamente guarito. Al termine delle indagini i militari della Stazione locale hanno denunciato il titolare dell’impresa movimento terra e lavori edili, per il quale l’operaio era regolarmente assunto, perche’ ritenuto responsabile di lesioni personali colpose. Altri due operai, invece, dovranno rispondere di favoreggiamento personale avendo rilasciato alle autorita’ dichiarazioni non corrispondenti alla dinamica dei fatti, soprattutto in merito alla loro presenza nel cantiere al momento dell’infortunio. L’operaio marocchino ferito – fanno comunque rilevare i carabinieri – per tutto il periodo di degenza e’ stato costantemente assistito dal datore di lavoro, rimasto sempre vicino a lui ed alla famiglia.

LANCIANO (CHIETI), 19 APR – La Procura di Lanciano ha iscritto nel registro degli indagati quattro persone in relazione al decesso di due operai avvenuto ieri in un cantiere edile privato nella città frentana. Nel crollo di una parete in legno sono morti Jaroslaw Ivakhnyuk, 34 anni, ucraino residente ad Altino (Chieti), e l’albanese Gramoz Metushi (41), residente a Casoli (Chieti), dipendenti regolari della Legnotek di Casoli. Per omicidio colposo sono indagati il committente dei lavori, il direttore dei lavori, il responsabile della ditta e il gruista. È stata avviata anche un’indagine amministrativa degli ispettori Asl del servizio sicurezza sui luoghi di lavoro. Le autopsie, effettuate oggi, hanno stabilito che il decesso in entrambi i casi è avvenuto per choc traumatico da schiacciamento.

VIA PROCESSI SARAS,MINEO,MOLFETTA MA DIBATTIMENTI ANCHE SU TRAGEDIE CAPUA,CAMPELLO,TORINO(ETERNIT) (ANSA) – ROMA, 17 APR – Il processo che inizia domani al Tribunale di Cagliari nei confronti dei vertici della Saras, rinviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per l’incidente alla raffineria di Sarroch del 26 maggio 2009, rappresenta per molti versi un procedimento-apripista per altri casi che hanno fatto scalpore nel Paese. Sui quali c’è forte attesa dopo la sentenza di Torino per il processo ThyssenKrupp, che ha equiparato la morte sul lavoro di 7 operai a omicidio volontario. Nell’impianto di Sarroch in una cisterna morirono per esalazioni di gas 3 operai di una ditta di appalto esterna. Un incidente fotocopia di quello accaduto l’11 aprile scorso in cui ha perso la vita un operaio di tre rimasti intossicati. Ma quello ai vertici Saras non è l’unico processo per incidenti sul lavoro della settimana che inizia domani. Martedì 19 aprile è prevista l’udienza preliminare per 17 persone nell’ambito dell’inchiesta bis sull’incidente alla Truck Center di Molfetta (Bari), nel quale morirono asfissiati per le esalazioni in una cisterna che stavano lavando, il titolare dell’impresa e 4 operai. I reati contestati sono omicidio colposo aggravato plurimo e lesioni personali aggravate, per un consulente anche falsa testimonianza per le dichiarazioni rese al primo processo che si è concluso nell’ottobre 2009 con la condanna a quattro anni per tre dirigenti. Riprenderà invece mercoledì prossimo, 20 aprile, davanti ai giudici del Tribunale di Caltagirone (Catania), il processo per l’incidente sul lavoro nel depuratore comunale di Mineo (Catania) dell’11 giugno 2008, in cui morirono 6 persone. Sette gli imputati accusati di vario titolo di omicidio colposo plurimo, traffico di rifiuti speciali e abuso d’ufficio. È, invece, ancora al lavoro per le indagini preliminari la procura di S.Maria Capua Vetere per un altro caso drammatico di morti sul lavoro, l’incidente nel quale persero la vita l’11 settembre 2010 a Capua (Caserta) 3 operai che si erano calati all’interno di un silos che si è trasformato in una camera a gas. I Pm intendono chiudere in tempi rapidi le indagini che vedono 31 iscritti nel registro degli indagati. Potrebbe diventare il più grande processo mai celebrato il caso legato all’azienda Eternit, nel quale sono 5 mila le parti civili costituite davanti al Tribunale di Torino. Due gli imputati: il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis de Cartier, che dovranno rispondere di oltre 2 mila morti provocati dalla lavorazione, secondo l’accusa, dell’amianto in 4 stabilimenti italiani della multinazionale. Sta invece approdando alla fase conclusiva il processo in corso al Tribunale di Spoleto per la morte di 4 operai in seguito a un’esplosione avvenuta il 25 novembre 2006 presso la Umbria Olii di Campello sul Clitunno. Da molti è stata infine definita una ‘strage dimenticatà il caso dei 5 lavoratori morti in un incendio al Molino Cordero di Fossano (Cuneo), il 16 luglio 2007. Il processo di primo grado si è chiuso con con 2 condanne per omicidio colposo e omissione dolosa di misure contro gli incidenti.

CATANZARO, 4 APR – Tre dipendenti dell’Anas sono stati rinviati a giudizio per la morte di un operaio, Nazzareno Malfarà, deceduto in un incidente sul lavoro avvenuto nel novembre del 2007 nel cantiere per la strada statale 182 «delle Serre Calabre». Il rinvio a giudizio è stato disposto dal gup del tribunale di Catanzaro, Emma Sonni, che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore della Repubblica, Gerardo Dominijanni. I tre indagati rinviati a giudizio sono: il capo cantoniere sorvegliante dell’Anas, Letterio Beninato, di 61 anni; il capo nucleo, Antonio Sanzi, 59 anni ed il capo centro, Vincenzo Dell’Accio, 46 anni. Per i tre indagati, sono accusati di omicidio colposo, il processo inizierà il 6 giugno. Malfarà era alla guida di un camion che precipitò in una scarpata. L’accusa sostiene che il personale dell’Anas non avrebbe predisposto ed eseguito gli interventi di manutenzione su un muro di sostegno che non riuscì a trattenere il camion al momento dell’impatto.

ANCONA, 22 febOmicidio colposo dovuto all’inadeguatezza in termini di sicurezza dei lavori di ristrutturazione del motopeschereccio ‘Ulder’. È l’accusa per cui hanno patteggiato la pena sospesa di un anno e quattro mesi di reclusione Ulderico e Enrico Bigoni, rispettivamente armatore e comandante del peschereccio in cui il 9 novembre 2009 perse la vita in un incidente sul lavoro Rida Abao Ibrahim, marittimo egiziano di 29 anni. L’uomo rimase impigliato nel verricello, azionato inavvertitamente nel tentativo di avviare il motore della barca, e fu sbattuto violentemente contro le fiancate del natante. Proprio la carenza di sicurezza nella gestione del motore e del verricello sono alla base delle accuse per cui gli imputati hanno patteggiato la pena davanti al gup Pietro Merletti.

TRANI, 21 FEBComincerà il 23 febbraio prossimo, dinanzi al tribunale di Trani, il processo bis per l’incidente sul lavoro che si verificò a Molfetta (Bari) il 3 marzo 2008 nell’autolavaggio della società Truck center, in cui persero la vita quattro operai e il titolare dell’azienda, per inalazione di acido solfidrico durante il lavaggio di una cisterna. Al processo si costituirà parte civile la Regione Puglia, e forse, la stessa Truck center. Nell’incidente morirono il titolare della Truck center Vincenzo Altomare, di 64 anni, e quattro operai: Luigi Farinola, di 37 anni, Biagio Sciancalepore, di 24, Guglielmo Mangano, di 44, e Michele Tasca, di 19. Gli imputati nel nuovo processo fanno tutti capo a vario titolo alle società Eni spa, Nuova Solmine spa e Meleam Puglia, azienda per la sicurezza nei luoghi di lavoro; quest’ultima è a giudizio per illecito amministrativo delle persone giuridiche. I reati contestati sono omicidio colposo aggravato plurimo e lesioni personali aggravate.

PALMI (REGGIO CALABRIA), 18 FEB – La Procura della Repubblica di Palmi ha chiesto il rinvio a giudizio di 12 persone tra responsabili di cantieri, dirigenti e imprenditori e degli amministratori delegati di sei aziende, tra cui l’Anas e il Consorzio Sarc, per la morte di due operai avvenuta un anno fa in altrettanti incidenti sul lavoro nei cantieri per l’ammodernamento della Salerno-Reggio nei pressi di Palmi. L’ipotesi di reato e’ di omicidio colposo. I due lavoratori morti sono Rocco Palumbo, di 33 anni, e Salvatore Pagliaro, di 51.

Lamezia terme – Muore cadendo dall’impalcatura. Condannati i due imprenditori16 febbraio – Sono stati condannati Luca e Giuseppe Rondinelli, di 34 e 65 anni, due imprenditori accusati dell’omicidio colposo di un loro dipendente avvenuto nel 2006 in un loro cantiere nel comune di Cortale. La vittima era un operaio che stava lavorando su un’impalcatura in un cantiere edile. Dopo circa quattro anni il Tribunale lametino in composizione monocratica ha emesso una sentenza di condanna di Luca e Giuseppe Rondinelli a 2 anni di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali. Ai due imputati sono state concesse le attenuanti generiche con la sospensione della pena.  La sentenza è arrivata al termine della requisitoria sostenuta in aula dal pubblico ministero Vincenzo Cardamone che ha ricostruito l’intera vicenda processuale, rilevando come la morte del giovane operaio sia frutto di un modo ingiusto di esercitare l’attività imprenditoriale che mira al profitto ad ogni costo, dimenticando di salvaguardare i diritti minimi dei lavoratori.
Una maggiore sicurezza nel cantiere, ha aggiunto l’accusa, avrebbe evitato questo drammatico evento. Luca e Giuseppe Rondinelli erano accusati di non avere previsto le opportune misure di sicurezza previste dalla legge su ogni cantiere edile, ed in modo particolare per quanto riguardava le modalità d’allestimento del ponteggio del tutto privo di barriere laterali, e senza le misure sufficienti per la salvaguardia dell’operaio che stava eseguendo dei lavori su un’impalcatura senza le protezioni.

EVITABILE MORTE OPERAIO ALL’ENEL – CIVITAVECCHIA (ROMA), 21 GEN – L’incidente sul lavoro in cui alla vigilia di Pasqua 2010 ha perso la vita un operaio, Sergio Capitani, dipendente di una ditta appaltatrice dell’ Enel, poteva essere evitato. È la conclusione cui sono giunti i periti nominati dal Gip nel corso dell’ incidente probatorio, dopo i numerosi sopralluoghi dei mesi scorsi. I periti affermano che la tubazione dell’ammoniaca alla quale la vittima stava lavorando nella centrale di Torre Valdaliga Nord, era priva di una tubazione parallela, presente nella maggior parte di impianti analoghi. Questo permette di dirottare sull’impianto parallelo il flusso della sostanza evitando i rischi di un’ esplosione, in caso di ostruzione, e per poter sciogliere con il calore il tappo di ammoniaca cristallizzata. I periti hanno inoltre sottolineato che l’incidente si sarebbe evitato se l’intervento fosse avvenuto con l’impianto già in sicurezza ad almeno 24 ore di distanza dall’ostruzione. Ad uccidere Capitani era stata l’improvvisa esplosione della tubazione e il conseguente fortissimo spostamento d’aria che lo aveva scagliato a metri di distanza facendogli sbattere violentemente la testa.

CAPRI (NAPOLI), 12 GEN Ci sono due avvisi di garanzia per la morte di Raffaele Buonocore, l’operaio di 42 anni deceduto in circostanze ancora da chiarire in un cantiere edile abusivo di Marina Piccola a Capri. Gli avvisi, disposti dal pm titolare dell’inchiesta Emilia Sorrentino Galante, sono stati emessi nei confronti del titolare dell’impresa edile Nicola Pisacane, 40 anni di Capri, accusato di omicidio colposo e contravvenzione alle norme anti infortunistica sul cantiere, e di un suo operaio, Franco Farace di Anacapri, che accusato di favoreggiamento personale. Le indagini, condotte dal vicequestore Stefano Iuorio, potrebbero anche allargarsi al proprietario della villa di Marina Piccola dove e’ accaduto l’incidente, un professionista napoletano habitue’ dell’isola.

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