Quando la sicurezza è un lusso

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Robe come la 626 (la legge sulla sicurezza sul lavoro, ndr.) sono un lusso che non possiamo permetterci”. Giulio Tremonti, ministro dell’Economia.

Sarà che pensava di parlare tra amici, visto che era sul palco della Berghem Fest, il festival della Lega che si tiene nella bergamasca, lo stesso dove gli ultrà dell’Atalanta hanno contestato il ministro Roberto Maroni. E quindi pensava di essere tra i suoi fans più fidati. O, magari, non ha calibraio bene le parole, visto che all’indomani, il suo portavoce ha detto che il ministro Tremonti “tra le regole eccessive si riferiva all’Europa, alla giurisdizione europea e alla sua estensione eccessiva rispetto all’obiettivo sulla sicurezza del lavoro, che resta invece essenziale”.

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Ma la provocazione del ministro stride con una realtà dei fatti che parla di un aumento dei morti sul lavoro che ha causato più di mille morti nell’ultimo anno e 790mila mutilati. Tremonti ha cercato di spiegarsi meglio: “La sicurezza sul lavoro è un’irrinunciabile conquista della civiltà occidentale. L’eccesso occhiuto di burocrazia è un derivato della stupidità”. Solo che, in questo caso, il ministro sembra abitare sui satelliti di Giove: non dovrebbe essere lui – assieme al collega Renato Brunetta – a dover agire sulla riforma della burocrazia? E non era proprio un leghista (Roberto Calderoli) a essere stato nominato ministro della Semplificazione legislativa? Nessuno nega il peso delle burocrazia in Italia sulle imprese (ma anche sui cittadini), ma non si può nemmeno sempre essere di lotta di governo. Troppo facile, altrimenti.

Del resto, tra i tagli effettuati dal ministro Tremonti alla spesa pubblica ci sono anche parte dei fondi destinati all’azione di prevenzione per la salute e la sicurezza del lavoro. Non solo: l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro è stato inserito dalla manovra finanziaria nell’elenco delle strutture da chiudere, perché considerato dal Governo un “ente inutile”. Almeno su questo, Tremonti sembra coerente con le sua affermazioni.

post scriptum

Da 116 giorni manca un ministro per le imprese.

Ricordiamo che da oltre tre mesi il governo non ha un ministro (a tempo pieno) alle Attività produttive, posto lasciato vacante da quando si è dimesso Claudio Scajola. Nel frattempo, ne fa le veci il presidente del Consiglio (nel caso pensiate che ci siano dei conflitti di interesse in questo suo ruolo, avete ragione). Continueremo a tenere il conto dei giorni in cui – nel mezzo della peggiore recessione dal 1929 – l’Italia continua a non avere un ministro che si occupi delle imprese e di chi ci lavora. E se ci fosse un ministro, potrebbe anche ridurre i costi della burocrazia a carico delle imprese……

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