Torino: processo Eternit


ETERNIT: TESTIMONE SVIZZERO, SI SAPEVA CHE CAUSAVA IL CANCRO
(ANSA) – TORINO, 24 MAG
Sin dal 1962 era universalmente
noto che l’amianto causava il cancro
. Bisognava abbandonarlo. Ma
la Eternit fino al 1990 lo ha utilizzato due volte più di
prima». Lo ha detto oggi al maxiprocesso di Torino un testimone
svizzero, Francois Iselin, già architetto del Politecnico di
Losanna che per decenni si è occupato di questioni relative
all’amianto (oggi è consulente del Caova, un comitato svizzero
di aiuto e orientamento alle vittime del minerale killer).
«In Eternit – ha precisato – si disse nel 1975 che l’amianto
era potenzialmente pericoloso ma che si potevano evitare
problemi adottando misure di controllo. Il punto è che non si
può mai evitare la contaminazione».
Iselin ha spiegato che in Svizzera l’amianto è stato vietato
nel ’90 ma che Eternit ha ottenuto una proroga fino al ’94;
inoltre ancora oggi ci sono aziende che possono ottenere dal
governo speciali autorizzazioni per continuare a impiegarlo,
anche se il tutto è avvolto dal segreto («è confidenziale»).
La testimonianza di Iselin non ha convinto le difese.
L’avvocato Giovanni Lageard, dopo aver sottolineato che lo
svizzero non conosce la composizione societaria di Eternit, ha
commentato, in una pausa dell’udienza, che «il teste,
nonostante sostenga di aver seguito la questione per tanti anni
non è informato su un sacco di situazioni, e non ha nemmeno
fatto una semplice visura camerale». I difensori hanno anche
osservato che il verbale della testimonianza resa da Iselin
durante le indagini, non è stato depositato agli atti eppure lo
si può trovare sul sito internet dell’avvocato di parte civile
Sergio Bonetto. Anche per questo la difesa non ha
controinterrogato lo svizzero. Tra le sedi tedesche dell’Eternit e
quella di Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, c’era
una «differenza eclatante» in materia di pulizia: nella
filiale piemontese c’erano «puzza e polvere ovunque». Lo ha
spiegato oggi al maxi-processo Eternit un ex dirigente, Silvano
Benitti, che nel 1975, da neoassunto, venne mandato a svolgere
delle ispezioni prima di essere nominato (dopo un rapporto ai
superiori con critiche, osservazioni e considerazioni anche di
carattere personale sui colleghi) direttore di uno stabilimento
in Basilicata.
La differenza tra le sedi era tale che, se a Casale avessero
dato come valutazione 4, per quelle tedesche si doveva salire a
8 o 9. La sporcizia «aleggiava ovunque» – affermava Benitti –
tanto che sarebbe stato necessario fare in modo che ognuno
«pulisse per la propria parte» per scongiurare il rischio di
asbestosi. In ogni caso, Benitti fece presente che, in materia
di esposizione ad amianto, «la soluzione definitiva non
c’era». «Anche se avessimo adottato tutte le precauzioni – ha
spiegato oggi – non avremmo potuto evitare danni all’uomo e
all’ambiente
. E all’epoca nessuno di noi sapeva quello che poi
sarebbe successo».
Benitti era un teste della pubblica accusa, ma gli avvocati
difensori dei due imputati (il miliardario svizzero Stephan
Schmidheiny, che ha ceduto il suo ramo d’azienda nel 1990, e il
barone belga Louis de Cartier) si sono detti soddisfatti della
sua testimonianza: «È stato ribadito – ha sottolineato il
professor Astolfo Di Amato – che all’epoca tutti erano convinti
che l’amianto si potesse maneggiare in sicurezza. L’azienda
aveva disposto di mantenere la polverosità entro i limiti di
legge. E la casa madre investì molto denaro per le migliorie».
«Ma si è anche chiarito – ha commentato Sergio Bonetto, uno
dei legali di parte civile – l’indissolubile legame tra Eternit
Svizzera ed Eternit Italia. Gli elvetici intervenivano su tutto.
Questo è fondamentale per l’accertamento delle responsabilità
dei vertici»

 
PROCESSO ETERNIT: UDIENZA DEL 10 MAGGIO

La seduta si apre alle 9:20 con l’audizione dell’attuale presidente della regione Piemonte, l’avvocato novarese Roberto Cota: costui confessa la sua completa ignoranza dell’argomento, ed indica nell’assessore all’urbanistica pro tempore, Ugo Cavallera, la "memoria storica" dell’attuale Giunta, essendo egli stato l’assessore all’Ambiente del governo regionale – durato in carica dal 1995 al 2005 – di Enzo Ghigo; la Corte pertanto dispone di ascoltare costui al posto del deputato: il Cavallera informa quindi il Tribunale sulle iniziative prese per la bonifica dei siti di Cavagnolo e Casale Monferrato ed i relativi costi.
I medesimi argomenti vengono successivamente affrontati dalla deposizione della precedente presidente, Mercedes Bresso, che in aggiunta rende edotta la Corte sulla questione del Centro studi sulle patologie legate all’amianto, che si trova a Casale Monferrato ed è stato aperto, nel 2008, durante il suo mandato – durato dal 2005 al 2010.
Dopo una pausa – durata dalle ore 10:40 alle ore 11:10 – si riprende con le testimonianze di due sindaci di Casale Monferrato: il signor Coppo (primo cittadino per due mandati: dal 1984 al 1988, e dal 1995 al 1999) ed il signor Mascarino (alla guida della città per due mandati consecutivi: dal 1999 al 2009).


Il primo riferisce, tra l’altro, che nel 1983 ebbe – nella sua qualità di presidente del comprensorio casalese – un incontro con il presidente dell’Associazione mondiale asbesto, il dirigente Eternit signor Costa, durante il quale venne <messo in guardia dal continuare ad addebitare le morti di tumore alle lavorazioni dell’Eternit, poiché la percentuale di questi risultava irrilevante rispetto a quella dei decessi causati dal fumo>.
Questo dice testualmente il testimone, ma pare che questo comportamento non fossero altro che minacce neanche troppo velate, altro che messe in guardia; va ricordato, infatti, come alla data di quell’incontro i livelli occupazionali nell’azienda fossero in continua discesa, ed il rappresentante dell’Eternit facesse pressioni per mettere a tacere l’allarme sanitario, utilizzando il ricatto della salvaguardia di quel che restava dell’occupazione.
Il secondo, dal canto suo, è il sindaco del periodo delle bonifiche, rivelatesi estremamente difficoltose, delle aree e delle sponde del fiume Po, conclusesi con l’abbattimento dello stabilimento con la scritta Eternit <che nel frattempo era diventato un simbolo di morte>; il teste, inoltre, fa presente che tuttora continua il lavoro di bonifica della città, e che non si sa quando questo potrà avere un termine, tenuto conto delle difficoltà oggettive di accesso alle aree private.
Terminati i testimoni istituzionali, tocca alla signora Patrucco; costei è la figlia dei gestori della panetteria di via Oggero – situata a due-trecento metri dallo stabilimento Eternit – dove si recavano in tuta da lavoro gli operai, in pausa pranzo, per acquistare il pane ed il companatico: sua madre, che non ha mai lavorato in Eternit, è deceduta di mesotelioma pleurico a causa della polvere di amianto respirata dalle tute ricoperte di polvere.
A questo proposito precisa che non erano soltanto le tute degli operai ad essere ricoperte di polvere, ma l’intera pavimentazione stradale – del quartiere che lei soleva percorrere in bicicletta per recarsi a scuola – ne era ricoperta di un manto di almeno due tre centimetri: in parte proveniva dall’Eternit, in parte dai cementifici della zona; precisa però che l’azienda amiantifera era molto più grossa di tutte le altre messe insieme, e quindi ne era sicuramente la maggiore responsabile.
Per concludere, viene ascoltata la signora Sella, una casalinga di Casale Monferrato il cui marito, ferroviere nella medesima località – prima con la qualifica di deviatore, dal 1970 al 1973, e successivamente come personale viaggiante prima che come capo treno – è deceduto quattro anni fa di mesotelioma pleurico.
Costui aveva la postazione di lavoro ad un centinaio di metri da dove i sacchi pieni di amianto venivano scaricati dai treni, provenienti da Genova, per essere mandati in azienda; sovente questi contenitori risultavano rotti, e le Ferrovie obbligavano gli operai della ditta appaltatrice di quel lavoro a pulire i vagoni: questa operazione avveniva con l’ausilio di scope di saggina che avevano l’effetto di spargere la polvere ovunque nella zona.
Alle ore 13:50, il giudice sospende la seduta, rinviandola a lunedì 17 maggio; in quella occasione verranno sentiti: il signor Bagna, proprietario della discarica sulla sponda sinistra del fiume Po, le signore Ferrero (madre e figlia), un teste dei due che dovrebbero riferire sulla questione del polverino, e se resta tempo un consulente tecnico che dovrebbe effettuare una presentazione dello stabilimento di Rubiera (Re).
Torino, 10 maggio 2010 – Stefano Ghio – Rete sicurezza Torino

PROCESSO ETERNIT: UDIENZA DEL 15 FEBBRAIO

Una giornata fredda, il termometro si attesta intorno agli zero gradi centigradi, ma dal cielo terso fa da cornice alla odierna udienza del processo alla Eternit, la multinazionale dell’amianto che ha provocato tremila morte e decine di migliaia di malati di tumori della pleura e di asbestosi – solo per attenersi ai quattro stabilimenti italiani: Casale Monferrato (AL), Cavagnolo (TO), Rubiera (RE) e Pozzuoli (NA). All’esterno di Palazzo di Giustizia alcuni attivisti della Rete nazionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro danno vita ad un presidio in solidarietà con le vittime della azienda svizzera, arricchito da un volantinaggio nel quale si lancia la campagna per la riassunzione di Salvatore Palumbo alla Fincantieri di Palermo e, contemporaneamente, si annuncia la prossima riunione del nodo torinese della Rete – convocata per mercoledì 24 febbraio a latere della udienza del processo Thyssenkrupp – per decidere le future iniziative da mettere in campo. Alle ore 9:30, dinanzi ad una aula gremita in ogni ordine di posti anche per ciò che concerne il settore riservato al pubblico, entra la Corte, guidata dal giudice Casalbore: questi, dopo il rituale appello degli avvocati delle parti, annuncia che le parti civili costituite sono 6.392; molte di queste, però, sono omonimi, o quasi, oppure si sono costituiti nello stesso giorno con più difensori (cosa che, secondo la legge italiana, non è possibile) e pertanto sono invitate a scegliere da chi farsi difendere, pena la esclusione dal processo. La parola poi passa alla difesa, che pretende di escludere alcune centinaia di parti civili per aver già stipulato una transizione – nel 1993 con i dirigenti italiani della società – con cui rinunciavano ad ogni azione successiva, ed alcune decine per aver lavorato in Eternit prima del 1971, data in cui è entrato in società il barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne. Di seguito è la volta delle parti civili che, con tempi contigentati in due minuti ciascuno, depositano alcune memorie e repliche alle osservazioni della difesa; la Corte risponde che deciderà nella prossima udienza, il primo marzo, in merito a queste scaramucce preliminari. Alle ore 10:55 si chiude l’udienza, che viene aggiornata al primo marzo alle ore 9:00.

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