Marta: non numeri ma persone

"Forse aveva trovato il ragazzo, sognava di farsi una famiglia. Per quello sperava di trovare un’occupazione stabile, che le garantisse uno stipendio e qualche soddisfazione con un lavoro consono ai suoi studi". Le parole di un padre per descrivere i sogni di una ragazza che non sogna più, impeditole da una maledetta macchina di un’azienda nella quale lavorava a nero. Parole che lasciano spazio alla sola immaginazione, che risuonano come un rimpianto per l’ennesimo omicidio sul lavoro. Marta, 22 anni, era diplomata in lingue e aveva deciso di trovarsi un lavoretto per non rimanere a casa. Un lavoretto in attesa di trovare qualcosa di meglio, di stabile. Così aveva trovato lavoro nell’azienda avicola Gerlo a Pierve del Cario, in provincia di Pavia, dove confezionava uova a 5 euro l’ora.Un lavoretto come un altro, per occupare il tempo, per sentirsi, almeno un po’ indipendente, per la voglia di dare una mano in famiglia, di avere qualche soldo in tasca per i vizi e per togliersi qualche piccola soddisfazione. Un lavoretto rigorosamente a nero, per qualche settimana poi diventate 20 lunghi mesi. Il 20 marzo Marta è a lavoro. E’ un giorno come un altro. Inizia il turno, come tutti gli altri giorni, quando un solo di giorno di riposo alla settimana la divideva dal lavoro. Dopo un’ora dall’inizio del turno, qualcosa non va. Marta rimane impigliata nel nastro trasportatore. Arrivano i soccorritori, un’automedica da Pavia, un’altra da Voghera e un’ambulanza della Croce rossa di Mede. Marta è in arresto cardiaco. Viene rianimata in tutta fretta e subito ricoverata al San Matteo. Non basta. Il suo cuore si arrende dopo pochi giorni.

L’azienda presso la quale lavorava rischia una multa di 150 euro per ogni giorno in cui la ragazza ha lavorato irregolarmente. 150 misere euro per ogni giorno che la separava dalla morte, dal giorno in cui una maledetta macchina ha messo la parola fine ai sogni di una ragazza di 22 anni. La morte di Marta non avrà lo spazio sui telegiornali che avrà il dibattito sulla pillola abortiva, non troverà le grandi pagine che i grandi quotidiani dedicano al noioso dibattito sulle riforme istituzionali. Sarà una fortuna se troverà un po’ di spazio tra la cronaca politica e quella rosa. Marta diventerà un numero, per aggiornare una statistica infernale di cui nessuno sembra prendersi cura se non nel momento del ricordo, della conta delle vite spezzate sul lavoro.

L’ennesima vergogna. La vergogna di un Paese che pensa a tutto tranne che a difendere il diritto alla vita e ai sogni dei propri ragazzi. Marco Furfaro

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