Piacenza: 1140 croci per i morti

Il vallo delle mura farnesiane di Piacenza come un cimitero dei caduti sul lavoro: 1.140 croci di legno, ordinatamente piantate su lunghe file, per altrettante persone morte nel 2008 a seguito di infortuni. È la provocatoria iniziativa voluta dal presidente dell’Anmil (associazione nazionale mutilati e invalidi) di Piacenza, Bruno Galvani, su una sedia a rotelle dall’età di 18 anni, proprio per un infortunio sul lavoro, che ha così voluto realizzare un imponente monumento a questa tragedia nazionale. Il 10 ottobre qualche centinaio di volontari ha piantato le croci di legno nel grande prato proprio sotto la circonvallazione della città. Resteranno lì per un mese, fino al 10 novembre. «Vorrei coinvolgere le scolaresche della città – spiega Galvani – portarle qui e raccontare ai ragazzi perchè in Italia si muore facendo il proprio mestiere». Il presidente piacentino dell’Anmil non è nuovo a iniziative provocatorie: nel 2007 – sempre in occasione della giornata mondiale dedicata alle vittime del lavoro (che quest’anno cade domani) – espose maxi-manifesti con le fotografie di arti strappati a lavoratori a seguito di infortuni. «Si parla tanto di cultura della sicurezza – spiega Galvani – ma io credo che servano più atti concreti che parole: da parte delle istituzioni, dei datori di lavoro, di chi è preposto ai controlli, dei sindacati e dei lavoratori stessi. La sicurezza non deve essere materia di contrattazione, non ci devono essere margini di incertezza. E per tenere vivo questo monito occorrono immagini forti, che facciano pensare». Tra i cittadini che hanno piantato le croci c’è anche Adele Favari, 60 anni, con i figli Jonatha e Claudia. Nel 2005 ha perso il marito, Giorgio Panni, meccanico di 58 anni, schiacciato da una macchina agricola che stava assemblando. «Quando ti capitano disgrazie simili pensi di essere il più sfortunato del mondo – spiega in lacrime – ma purtroppo siamo in tanti, come dimostrano tutte queste croci. Mio marito era un lavoratore prudentissimo, se doveva cambiare una lampadina staccava il contatore della luce, ma non è bastato. E alla fine di un lunghissimo processo in cui ci siamo sentiti umiliati – ci hanno offerto un risarcimento di 10.000 euro – e lasciati soli da tutti: la persona che riteniamo responsabile di questa tragedia è stata assolta». 
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