Da Liberazione del 9/7/2008
Guerra di cifre e scambi di accuse all’"ultimo scaffale".
Nel grande magazzino dell’Ikea di Corsico (Milano), tra enormi corridoi e mobili dai nomi bizzarri, allegre famigliole in gita e coppie sotto stress, esplode l’allarme sicurezza. Sicurezza dei lavoratori, si intende. La protesta è avvenuta qualche giorno fa, il 3 luglio. I sindacati hanno incrociato le braccia per segnalare gli scarsi livelli di tutela della loro incolumità, preoccupati per l’impennata di infortuni all’interno del grosso hangar: troppi infortuni, 33 per la precisione, occorsi ai lavoratori durante l’unico anno di vita della nuova struttura. Dodici negli ultimi sette mesi. E così oggi«settanta dipendenti oggi risultano non più idonei alla movimentazione manuale dei carichi per problemi all’apparato scheletrico». Mole di lavoro eccessiva, carenza di personale, assenza di segnalatori.
Tutte condizioni gravose che a giudizio del personale in agitazione avrebbero causato incidenti più o meno gravi: collisioni tra mezzi meccanici dovuta dalla taratura troppo veloce dei mezzi, procedure inadeguate o inapplicate per mancanza di tempo (e di addetti) che hanno portato a ferimenti: un colpo alla testa e un taglio con 21 punti di sutura. Una serie di eventi che a giudizio degli impiegati del colosso svedese dell’arredo non sarebbe casuale ma imputabile alla politica «al risparmio» della società. Non dell’Ikea in generale, ma della filiale milanese, che proprio non ne vuole sapere di venire incontro alle richieste dei sindacati. La mobilitazione è stata infatti bocciata come strumentale, dal momento che «dei 33 presunti infortuni sul lavoro – dice la nota dell’azienda – 13 sono avvenuti nello spostamento da casa al posto di lavoro, 19 sono dovuti a negligenza o distrazione e uno solo è realmente dovuto a scorretta movimentazione manuale dei carichi». La replica della proprietà si sostanzia in uno scaricabarile piuttosto fastidioso, come si può capire. Il solito leit motiv declinato dai vertici di qualunque impresa coinvolta in questioni analoghe: se un lavoratore si fa male, la colpa è del lavoratore. Ma i responsabili del personale non hanno intenzione di sfuggire alle denunce e di restare sguarniti sul fronte delle tutele dei lavoratori e dunque garantiscono che l’azienda «non scenderà a compromessi in tema di sicurezza»: «Crediamo che assumersi responsabilità verso le persone e l’ambiente sia un presupposto essenziale perché un’azienda possa avere successo. Ikea definisce rigorosi standard di sicurezza in merito alle condizioni lavorative dei propri dipendenti, così come dei propri clienti, presso tutti i suoi punti vendita». E’ anche vero, chiude con rammarico la nota del gigante svedese, che il rispetto della legislazione e l’attenzione scrupolosa di tutti i parametri di sicurezza «non mette al riparo da eventi eccezionali».
Eppure i lavoratori in rivolta non pensano che i titolari della fabbrica di Corsico siano esenti da responsabilità: «Muletti che cadono dalle ribalte, porte antincendio sfondate, bancali che cadono da 8 metri, per non parlare poi dello stress prolungato causato da eccessivi carichi di lavoro. Da quando ha aperto il nuovo negozio, per risparmiare, da tre, i falegnami sono rimasti in due, uno è stato rimosso forzatamente dalla mansione a discapito della messa in sicurezza dei mobili montati in esposizione e delle competenze di realizzazione degli allestimenti». E ancora: «Sempre per risparmiare i lavoratori di notte lavorano con l’areazione spenta e con le sole luci di emergenza e lo stesso discorso anche per recarsi in bagno». E oggi, di fronte alle repliche dell’Ikea, le Rsl della struttura milanese reagiscono indispettite: «Non è pensabile utilizzare l’argomento "negligenza e distrazione" per giustificare quanto accaduto in poco più di un anno a questa parte. A dicembre 2007 abbiamo chiesto ufficialmente ad ikea di attivare una serie di accorgimenti ma le nostre richieste sono state non solo inascoltate ma anche respinte a prescindere… la linea di Ikea Corsico è quella che col sindacato e con chi rappresenta i lavoratori non si discute. Abbiamo anche chiesto di creare delle procedure di comportamento in merito alle aggressioni verbali e fisiche fatte dai clienti ai lavoratori, ma anche su questo non c’è mai stata risposta alcuna… E’ sconfortante prendere atto del fatto che la questione sicurezza è misurata non su quanto accade, partire da quanto succede per prevenire, ma da quanto si spende in tempo e risorse…».