E dopo 2012

Bari, 20 apr. (Adnkronos) – La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Bari per l’ex dirigente della fabbrica Fibronit del capoluogo pugliese, l’87enne Dino Stringa di Ozzano Monferrato (in provincia di Alessandria). L’uomo e’ stato condannato a 5 mesi e 15 giorni di reclusione per l’omicidio colposo di un ex operaio morto nel febbraio del 2006, Francesco Maggio. In precedenza la Suprema Corte aveva annullato piu’ volte con rinvio la sentenza perche’ non si era dimostrata la responsabilita’ personale. Questa volta l’ha confermata rigettando il ricorso dell’unico imputato. Sono state le fibre di amianto rilasciate nell’aria per decenni dalla Fibronit a provocare i tumori (mesotelioma pleurico) che hanno portato al decesso di almeno 13 operai e anche di alcuni residenti del rione Japigia.

DOPO 6 ANNI GIUSTIZIA PER MORTE SUL LAVORO DI BOGDAN MIHALCEA – Torino, 19 apr. – Assolto ”per non aver commesso il fatto” Paolo Romano, amministratore delegato di Smat, l’azienda delle acque metropolitane, che era accusato di omicidio colposo per la morte di Bogdan Mihalcea, l’operaio romeno di 24 anni che nel 2006 mori’ travolto da un’ondata di acqua e fango mentre stava lavorando nella condotta di una fognatura a Torino. Per lui il pubblico ministero Marina Nuccio, aveva chiesto una pena di un anno. Il giudice Andrea Natale ha invece condannato a due anni di reclusione ciascuno titolare e dirigente della ditta di cui Mihalcea era dipendente. Condannati a quattro e sei mesi di reclusione anche il dirigente e il coordinatore della sicurezza della Smat. Il giudice ha invece ordinato di riformulare i profili di colpa del capo di imputazione per un altro coordinatore della sicurezza dell’azienda delle acque metropolitane imputato nel procedimento. Nel processo sono state disposte provvisionali per 170mila euro per la famiglia dell’operaio a carico dei Siciliano. La Smat aveva gia’ risarcito. Aveva invece patteggiato una pena di 10 mesi Roberta Dentis, amministratore unico dell’azienda che aveva l’appalto dei lavori di manutenzione della fognatura e che aveva affidato il subappalto alla ditta dei Siciliano per la quale lavorava il giovane operaio romeno.
FALSARONO PROVE DOPO MORTE OPERAIO, IMPUTATI (ANSA) – BOLOGNA, 30 MAR – Non rispettando le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro cagionarono la morte di un operaio di 54 anni. Non solo: fu modificata la scena del crimine e furono rese dichiarazioni false per sviare le indagini. È questa l’accusa che pesa sul legale rappresentante di un’officina di San Giovanni in Persiceto accusato dalla procura di Bologna, assieme al responsabile per la sicurezza di omicidio colposo, per la morte di G.A., operaio deceduto il 13 dicembre 2010. Ma dall’indagine è emerso un quadro inquietante. Per il Pm Massimiliano Rossi, che ha condotto l’inchiesta, il legale rappresentante e tre soci ‘taroccarono’ la scena dell’incidente e il documento sulla sicurezza per depistare le indagini. Per questo sono accusati di favoreggiamento. Ora sarà il gip del tribunale di Bologna a decidere se rinviarli a giudizio il 17 aprile. I fatti risalgono al 3 dicembre 2010. L’operaio, per l’ accusa, cadde mentre faceva una manutenzione su un semirimorchio a tre assi. Il ‘trabatello’ (l’impalcatura su ruote) che usava era vecchio e non idoneo per dimensioni. Inoltre non aveva protezioni laterali, nonostante il piano di lavoro fosse a oltre tre metri d’altezza. L’uomo perse l’equilibrio e cadde. Le fratture multiple che riportò non gli diedero scampo: morì dieci giorni dopo. Ma mentre l’uomo veniva soccorso, per il pm iniziava anche l’azione per sviare le indagini. Il legale rappresentante e tre soci, anche loro impiegati nell’officina, rimossero il trabatello, e alcune protezioni messe sul semirimorchio, piazzarono una scaletta vicina al mezzo e corsero a comperare un nuovo trabatello ‘a norma’. Tutto per accreditare l’ipotesi (falsa) che l’operaio avesse deciso sua sponte di fare i lavori usando una scaletta (inadatta), nonostante avesse a disposizione un trabatello idoneo. Non solo. Due soci sottoscrissero un’integrazione al documento (obbligatorio) di valutazione dei rischi aziendali e resero false dichiarazioni, tutto con l’obiettivo di sviare le indagini.

OPERAIO IMPIEGA 34 ANNI PER AVERE UNA PENSIONE, MA NEL FRATTEMPO ERA MORTO – GENOVA. 25 FEB – Una causa durata ben 34 anni per ottenere una pensione legata a una infermità procuratasi sul lavoro. Il procedimento era iniziato nel 1970 e andato avanti fino al 2004, senza che però l’avvocato facesse sapere che nel frattempo il suo assistito, nel 1984, era deceduto. Circa 42 anni fa, vennero trasmessa alla Corte dei Conti di Roma una richiesta di trattamento pensionistico privilegiato per infermità procurata sul lavoro. La sezione chiese il fascicolo amministrativo agli uffici competenti e inviò gli atti alla Procura. Nel 1984, però, l’aspirante pensionato morì e il suo avvocato non comunicò il decesso alla Corte, facendo andare avanti la pratica ancora per anni.

BOSCAIOLO MORÌ,DOMICILIARI A DATORE LAVORO È UN UOMO DI 40 ANNI ACCUSATO DI OMICIDIO COLPOSO – FIRENZE, 23 FEB – Era il 4 giugno del 2010 quando un operaio albanese di 32 anni di Certaldo fu colpito alla testa da un tronco nella zona di Tresanti, nel comune di Montespertoli. Lavorava per una ditta locale in un bosco come taglialegna. Portato all’ospedale di Careggi, l’uomo morì dopo qualche giorno. Oggi i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del datore di lavoro dell’albanese, un 40enne, accusato di omicidio colposo. Durante gli accertamenti emerse anche che la vittima lavorava in condizioni irregolari. L’uomo è ai domiciliari.

AVVISI GARANZIA PER INFORTUNIO IN GALLERIA – BOLOGNA, 22 FEB – La procura di Bologna ha inviato cinque avvisi di garanzia per l’incidente avvenuto il 28 gennaio scorso nella galleria Sparvo, uno dei tunnel della Variante di valico tra Bologna e Firenze, in cui è rimasto gravemente ferito un operaio che ha poi perso una gamba. Per tutti, le ipotesi di accusa sono di lesioni colpose gravissime. Riguardano la Toto costruzioni, la società che ha in appalto i lavori, l’ingegnere referente per le attività tecniche della fresa che era nella galleria, il responsabile e il viceresponsabile della sicurezza del cantiere e l’operaio che stava manovrando la fresa al momento dell’incidente. Attraverso ulteriori accertamenti e prove di simulazione che verranno fatte direttamente nella galleria, i pm Valter Giovannini e Massimiliano Rossi, che coordinano le indagini, cercheranno di ricostruire la dinamica dell’infortunio. In particolare, se il lastrone di 7 tonnellate, che è caduto sull’operaio, era agganciato o meno (e se era agganciato correttamente) con apposite catene alla macchina che serviva a puntellare parte della galleria. Fatti da accertare anche perchè il lastrone è stato trovato a una certa distanza rispetto a dove è caduto, cosa che in parte si potrebbe spiegare con le ‘manovrè necessarie per soccorrere l’operaio. Nel frattempo, dopo un’interruzione dei lavori, la fresa è stata dissequestrata ed è ripartita. Dovrà seguire determinate prescrizioni dell’Ausl. 

PALERMO, 11 FEB – Il tribunale di Trapani ha condannato a due anni di reclusione, per omicidio colposo, il proprietario della Sormec srl, Nicolò Sorrentino, l’amministratore e il dipendente della Alcamec sas di Alcamo, Baldassare Manno e Fabio Geranio, per la morte nel 2006 dell’operaio verniciatore e dirigente sindacale dell’Ugl, Gregorio Messana. Il sindacato si era costituita parte civile. Lo rende noto il segretario sull’Ugl Trapani, Giuseppe Monaco, spiegando che «Messana rimase ucciso per il crollo di una gru in fase di collaudo: fissata al basamento tramite delle saldature, si staccò fatalmente investendo il manovratore. L’anno precedente si verificò un incidente simile nelle dinamiche, ma non ci furono vittime. In seguito l’Ugl, tramite il proprio legale, fece emergere nel corso del processo particolari determinanti: più di una volta, infatti, il rappresentante della sicurezza, Vito Calvaruso, fece richiesta all’azienda di utilizzare comandi a distanza in modo da poter salvaguardare l’incolumità degli operai, ma la risposta fu negativa». «L’attività di saldare il basamento delle gru – dice l’Ugl – fu poi affidata alla Alcamec sas, società partecipata della Sormec srl, che si occupò proprio di quelle saldature che non hanno resistito ai collaudi causando il crollo e la morte dell’operaio».

TERNI, 26 GEN – «Accettiamo la sentenza del gup del tribunale di Terni ma non possiamo nascondere le perplessità di un esito processuale che lascia senza responsabilità l’incidente sul lavoro che ha visto la morte di Franco Mariani, un ferroviere esperto e capace». A dirlo è il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, dopo l’assoluzione di ieri «perchè il fatto non sussiste» delle quattro persone imputate, per omicidio colposo, per la morte del cinquantaseienne avvenuta alla stazione di Terni il 6 aprile 2007. Secondo Di Girolamo, «l’impianto accusatorio, e soprattutto la relazione peritale, lasciavano presupporre altri esiti e l’individuazione di responsabilità precise nella dirigenza e nel personale della divisione dove Mariani lavorava». «In generale – prosegue il sindaco – constatiamo che la via che individua nella vittima stessa dell’incidente sul lavoro come il responsabile di quanto accaduto sia quella più facile da percorrere, mentre la ricerca della verità nelle responsabilità a monte dell’organizzazione del lavoro, della strutturazione del cantiere, dei risparmi sulle risorse umane e materiali, sulla sicurezza in generale, sia un percorso più difficile e faticoso». Di Girolamo esprime vicinanza e solidarietà alla famiglia del ferroviere «nella convinzione che la battaglia legale e culturale che la signora Mariani sta portando avanti sia un contributo di civiltà e di legalità assai significativo».

19 GENNAIO

TARANTO – Il sostituto procuratore Raffaele Graziano ha chiesto il processo per sette persone – tre ufficiali della Marina militare e quattro responsabili di una ditta privata – in relazione ad un incidente sul lavoro verificatosi il 25 gennaio 2010 nell’Arsenale militare di Taranto, nel quale perse la vita un addetto alla vigilanza, Giovanni De Cuia, di 53 anni. L’uomo stava camminando su un marciapiede quando venne travolto da quintali di pannelli che dovevano servire a ricoprire il tetto della nuova officina polifunzionale. Agli indagati vengono contestati i reati di omicidio colposo e violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. I pesanti blocchi di prefabbricato erano stati accatastati fino a un’altezza di sette metri dal piano di calpestio. L’udienza preliminare si terrà ad aprile 2012.

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