Processo ThyssenKrupp

15 novembre 2011 – L’ad della ThyssenKrupp decise di «non fare nulla» per la sicurezza e la prevenzione d’incendi: lo affermano i giudici della Corte d’Assise di Torino nelle motivazioni della sentenza con la quale hanno condannato Herald Espenhahn a 16 anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di 7 operai.«La sentenza depositata oggi è la degna, eccezionale conclusione, di uno dei processi in assoluto pi— importanti mai celebrati nel nostro Paese e non solo». Lo ha detto Raffaele Guariniello, che il pm che insieme ai colleghi Francesca Traverso e Laura Longo ha sostenuto l’accusa nel processo Thyssenkrupp. Guariniello ha poi sottolineato la «preziosa partecipazione popolare all’amministrazione della giustizia» e spiegato che «è indispensabile fare le indagini con rapidita per non incorrere nella devastante prescrizione dei reati e, a questo scopo, è irrinunciabile un’organizzazione specializzata». Infine il magistrato evidenzia che «è determinante la scelta fatta dalle nostri leggi: quella di puntare, non solo sulla responsabilità penale degli amministratori, ma anche sulla responsabilità diretta delle stesse società». Leggi tutta la sentenza

Inoltriamo questa interessante intervista del Procuratore di Torino Raffaele Guariniello in merito alle motivazioni della sentenza sulla strage all’acciaieria ThyssenKrupp.

Come afferma il Dott. Guariniello, e non possiamo che essere d’accordo, “preziosa è stata la partecipazione popolare nell’amministrazione della giustizia”, così come altrettanto lo è stata la mobilitazione popolare dentro e fuori dall’aula, sostenuta da familiari, operai e cittadini solidali, decisivi nel creare un meccanismo di identificazione solidale con la giuria, anch’essa “popolare”, e quindi ottenere questo importante risultato.
Prova che solo con il protagonismo, la mobilitazione e la partecipazione popolare possiamo affermare i diritti sanciti dalla nostra Costituzione: questo risulta dalla nostra esperienza diretta, nel processo e per la ancora irrisolta “questione lavoro” per gli ultimi ex operai ThyssenKrupp ancora in mobilità.

Per quanto riguarda la ricollocazione lavorativa ancora nulla di fatto nonostante incontri, telefonate, promesse e rassicurazioni da parte del Sindaco P. Fassino e dei suoi collaboratori.

Siamo stanchi di promesse: vogliamo, così come per altre migliaia di persone nella nostra stessa situazione a Torino, non “elemosine” sociali ma un posto di lavoro sicuro e dignitoso in una città in cui non mancano certo le occasioni per creare posti di lavoro: potenziando e prolungando il trasporto pubblico, la pulizia della città, del verde pubblico e degli alvei di fiumi e torrenti (e questo vale per tutta l’Italia, dopo le stragi annunciate in Liguria e in Toscana dei giorni scorsi), prolungando l’orario dei musei, valorizzando le bellezze artistiche della nostra città, impedendo alle aziende di chiudere favorendo piuttosto la riconversione ad altre produzioni utili e non inquinanti, risanando luoghi ed edifici fatiscenti dalle nocività per adibirli a scopi abitativi o di utilità sociale, anziché disfarsene per pochi soldi a scapito dei soliti speculatori.

Il lavoro da fare non manca: è quindi una questione di volontà politica!

Nei prossimi mesi il Comune di Torino deciderà della destinazione d’uso della ex area di proprietà della multinazionale tedesca (pagata per altro svariati milioni di euro dal Comune), attraverso la variante 221, che prevede, tra gli altri: l’insediamento di un deposito della GTT (centinaia di pullman di fronte al parco della Pellerina, dall’impatto ambientale decisamente discutibile) e un parco “alla memoria” della strage ThyssenKrupp, ricordando cioè il lavoro nella sua accezione più negativa. Meglio sarebbe invece quella di riqualificare l’area e ridare dignità al lavoro attraverso un piano, per es., di re-insediamento di piccole imprese, piccoli laboratori e botteghe artigiane o di servizi, necessari ai cittadini e che creino quindi posti di lavoro in sicurezza: il modo migliore per ricordare Antonio, Bruno, Roberto, Angelo, Rocco, Rosario e Giuseppe.

Un lavoro utile, dignitoso e in sicurezza per tutti – Torino, 15 novembre 2011 – Ass. Legami d’Acciaio onlus

16 APRILE 2011 – Condannati a 16 anni per omicidio volontari i vertici dell’azienda. Tensione e poi soddisfazione dei familiari delle vittime nel tribunale di Torino.

È stato omicidio volontario. La seconda corte d’assise di Torino, presieduta da Maria Iannibelli, ha condannato Harald Espenhahn, 45 anni di Essen, amministratore delegato della Thyssen a 16 anni e mezzo. Con lui sono stati condannati Gerald Priegnitz, membro del comitato esecutivo dell’azienda, Marco Pucci, dirigente, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento torinese, e Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, a 13 anni e 6 mesi e Daniele Moroni, dirigente, a 10 anni e 10 mesi (la pena è stata aumentata rispetto ai 9 anni chiesti dai pm) accusati a vario titolo di omicidio e incendio colposi, oltre che di omissione delle cautele antinfortunistiche.

I giudici hanno accolto in toto le richieste dei magistrati, i pm Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso, confermando l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale per l’amministratore delegato e quella di cooperazione in omicidio colposo per gli altri manager. È la prima volta che in un processo per morti sul lavoro gli imputati sono stati condannati a pene così alte. La società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa, chiamata in causa come responsabile civile, è stata inoltre condannata al pagamento della sanzione di un milione di euro, all’esclusione da agevolazioni e sussidi pubblici per 6 mesi, al divieto di pubblicizzare i suoi prodotti per sei mesi, alla confisca di 800 mila euro, con la pubblicazione della sentenza sui quotidiani nazionali La Stampa, La Repubblica e il Corriere della Sera.
Ad accogliere la sentenza, dopo 94 udienze e una lunga requisitoria dei pm durata per dieci udienze, non solo i parenti delle vittime, i sette operai morti la notte del 6 dicembre 2007 a causa di un incendio sulla linea cinque delle acciaierie ThyssenKrupp di Torino, ma un’intera città e forse l’intera categoria dei lavoratori che si è sentita in qualche maniera “risarcire”. È infatti stata la prima volta in cui a costituirsi parte civile sono stati 48 lavoratori, un numero mai così alto per un solo processo, ma anche Comune e Provincia di Torino, Regione Piemonte, Cgil e gli altri sindacati e varie associazioni come Medicina democratica. Per quanto riguarda le parti civili, la corte ha riconosciuto un risarcimento di un milione di euro al Comune di Torino, di 973.300 alla Regione Piemonte, di 500 mila euro alla Provincia di Torino e di 100 mila euro ciascuno ai sindacati Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uim-Uilm, Flm-Cub. Cento mila euro di risarcimento anche all’associazione Medicina Democratica.
E la tensione dell’attesa, nell’aula 1 del Tribunale di Torino, tra le lacrime e gli applausi di parenti ed ex dipendenti della multinazionale, ha giocato anche un brutto scherzo a un parente delle vittime che al momento della lettura, ha avuto un leggero malore. È stato portato fuori dall’aula ed è stato soccorso dagli operatori della Croce Verde e dal 118. A tre anni dalla strage in cui hanno perso la vita Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino e Antonio Schiavone, una sentenza della magistratura italiana ha stabilito che Espenhahn, come sosteneva l’accusa, aveva deciso di posticipare i lavori per la messa in sicurezza dello stabilimento di Torino a una data successiva a quella della prevista chiusura e del trasferimento a Terni, nonostante sapesse il rischio che correva.
Aveva deciso quindi, in modo consapevole, di accettare il rischio che si potesse verificare un infortunio mortale, preferendo “una logica del risparmio economico” rispetto alla tutela della sicurezza dei lavoratori. Per la prima volta nel mondo del lavoro è stato riconosciuto l’omicidio volontario con dolo eventuale. Una svolta, come ha detto al termine della lettura della sentenza, alla presenza anche del procuratore capo Giancarlo Caselli, lo stesso Guariniello: «Questa condanna può significare molto per la salute e la sicurezza dei lavoratori».

UDIENZA THYSSENKRUPP DEL 01/02/11

Nell’ udienza di oggi l’ Avvocato del collegio difensivo della ThyssenKrupp Paolo Sommella si è a lungo soffermato nella ricostruzione di una situazione delle condizioni di lavoro all’ interno dello stabilimento “idilliaca”: tutto lindo e pulito, niente carta intrisa d’ olio di laminazione per terra, niente olio di laminazione che cola ovunque dai nastri provenienti dalla precedente fase di laminazione, nessuna trafilatura dalle numerose tubature in pressione della Linea 5, estintori cambiati e revisionati regolarmente, corsi di formazione sulla sicurezza tenuti regolarmente da personale qualificato, minimizzare la vergognosa condotta degli imputati durante il corso del processo sfociata nelle false testimonianze di molti testimoni, ecc.
Peccato che l’ attendibilità di queste dichiarazioni sia emersa sulla base delle dichiarazioni di numerose testimonianze rese in aula da testimoni in seguito rinviati a giudizio per il reato di FALSA TESTIMONIANZA (articolo 372 del codice penale, punibile con la reclusione da due a sei anni).

In occasione dell’udienza di martedi 14 dicembre in occasione del processo ThyssenKrupp di Torino per i 7 morti del 6 dicembre 2007, il PM Raffaele Guariniello renderà note le richieste di pena per i 6 imputati della multinazionale tedesca. Preghiamo quanti sono nella possibilità di recarsi a Torino di presenziare all’udienza, in solidarietà con i famigliari delle vittime e gli operai parte civile, e a chi non potrà essere fidicamente presente in aula di divulgare nella massima forma possibile questo volantino/comunicato e di pubblicarlo su blog, postarlo su Internet, siti in rete, giornali, riviste, pubblicazioni, ecc. per dargli la massima visibilità possibile. La solidarietà è un’arma! Usiamola!

Associazione Legami d’Acciaio onlus (ex operai e familiari delle vittime ThyssenKrupp)

Son trascorsi 3 anni dal rogo della TyssenKrupp dove morirono 7 operai nel frattempo, ogni anno, la media dei morti sul lavoro è sempre sopra i 1200, oltre 1 milione di incidenti e decine di migliaia di invalidi.
La precarietà, connessa all’insicurezza degli impianti-cantieri, è diventata la regola, ovvero la pianificazione delle stragi da lavoro: continuiamo con le denunce – proteste, sapendo che solo la progressiva lotta per liberarci dal lavoro salariato  ci affrancherà da questa mostruosità.
Sono passati tre anni esatti dalla notte che ha cambiato Torino. Nella città dove è nato il movimento operaio e dove ancora oggi si detta la politica industriale, sette operai sono stati arsi vivi dall’incendio scoppiato alle acciaierie della ThyssenKrupp di corso Regina Margherita. Stavano svolgendo il loro turno di notte. Una tragedia, resa ancora più crudele dalla morte lenta ma inesorabile delle ustioni. Si sono spenti l’uno dopo l’altro, gli operai della Thyssen. Giuseppe De Masi, l’ultimo ad andarsene, è deceduto ventiquattro giorni dopo il rogo. Una lunga agonia. Aveva solo 26 anni. Prima di lui era toccato ad Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo e Rosario Rodinò. Cosa resta di loro? Resta il dolore. Ovvio. Ma resta anche un processo che sta dettando nuove regole per le morti bianche.

Harald Espenhanh, amministratore delegato della ThyssenKrupp di Terni, è accusato di omicidio volontario. Un’ipotesi di reato mai imputata a un alto dirigente di azienda per un infortunio sul lavoro. La requisitoria dei pubblici ministeri Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso si sta avviando alla conclusione e, nei prossimi giorni, la parola passerà alle parti civili. Tra queste ci sono anche i sindacati di Fiom , Fim e Uilm. I sindacati compaiono nel processo come rappresentanti dei lavoratori. Non si tratta solo di tutelare chi è morto, ma anche quei colleghi che lavoravano nelle stesse condizioni e che avrebbero potuto trovarsi al posto dei sette operai bruciati vivi. Condizioni che, secondo l’accusa, sono la causa dell’incendio: sporcizia, imperizia, abbandono, mancata osservanza delle norme e dei dispositivi antincendio. ThyssenKrupp sapeva – è la tesi della pubblica accusa – ma ha dirottato i soldi destinati alla sicurezza verso lo stabilimento di Terni. Quello di corso Regina Margherita a Torino era in dismissione.
I sindacati hanno da poco firmato una letta con la quale s’impegnano a utilizzare i soldi dell’eventuale risarcimento danni per dare vita e finanziare progetti formativi destinati a lavoratori e rappresentanze sindacali. Un modo per ricordare i caduti della Thyssen, un modo affinché la loro tragedia serva per migliorare la conoscenza e le condizioni lavorative dei loro colleghi ancora oggi in attività. Ricordare i sette operai della ThyssenKrupp significa anche non dimenticarsi di chi è rimasto. Come i trenta lavoratori ancora in forza alla ThyssenKrupp. I sindacati sono ancora in attesa di un incontro richiesto a fine novembre agli assessori al Lavoro di Comune, Provincia e Regione. Il 31 dicembre scadrà il loro periodo di cassintegrazione e se non si troveranno ulteriori strumenti, per loro non rimane altro che la mobilità.

TORINO 22 FEBBRAIO 2010 – I lavoratori ThyssenKrupp di Torino in cassa integrazione da tempo ormai chiedono a gran voce il rispetto dell’accordo siglato da Azienda, Sindacati ed Enti Locali in seguito alla chiusura del sito torinese che prevede la ricollocazione per tutti i lavoratori dello
stabilimento torinese.

Circa una cinquantina di lavoratori in seguito alla tragedia si sono costituiti parte
civile
contro l’azienda (per la prima volta in Italia) per vedere riconosciuto
un risarcimento per aver lavorato, almeno nell’ultimo periodo prima e dopo
l’annuncio della chiusura (2006/2007), in una situazione di completo e totale
abbandono delle norme di sicurezza anche più elementari, assenza di corsi di
formazione antinfortunistica, in palese carenza di personale manutentivo
qualificato e con una squadra di emergenza interna completamente inadeguata ai
compiti preposti, con un piano di distribuzione del personale, nella fase di
chiusura, assolutamente improvvisato e totalmente non curante delle capacità
professionali.
Dopo il tentativo mal riuscito di chiedere la traduzione di tutti gli atti del
processo, per renderli comprensibili ai due imputati tedeschi con invece il
solo scopo di allungarne la durata, il tentativo di far passare i 7 colleghi
morti per incapaci, l’iscrizione forzata  (da parte della Provincia) su richiesta della TK , non concordata con le OO.SS. ad un corso di formazione svoltosi (dic. 2008-feb.2009) su macchine utensili degli anni ’70. Inoltre l’iscrizione dei lavoratori ad agenzie selezionate ed indicate da TK come di outplacement/interinali, che poco o nulla hanno fatto in questi quasi tre anni (da maggio 2007).

La sistematica violazione della legge da parte di alcuni dirigenti aziendali per
indurre testimoni a pronunziare falsa testimonianza (è giunto ormai a 10 il
numero degli indagati per tale reato) e la sparizione di documenti richiesti
dalla Procura dagli uffici dell’ ASL riguardanti vecchi infortuni occorsi ad
alcuni lavoratori prima della tragedia ci inducono ad un’ulteriore
reazione perché questa continua arroganza e prepotenza da parte dell’azienda nei confronti dei lavoratori ci induce per l’ennesima volta a manifestare e scendere in piazza. Lunedì 22 in occasione dell’ incontro previsto tra Azienda, Sindacato e Regione per
l’apertura del tavolo di crisi per la richiesta della deroga della CIGS
allestiremo un presidio in Piazza Castello a partire dalle ore 17,00 nello
spazio adiacente il Palazzo della Giunta Regionale
per riportare con forza l’attenzione sul tema irrisolto della ricollocazione dei lavoratori costituitisi parte civile,
dimenticati da Istituzioni e Azienda.

Siamo stanchi di essere presi in giro, rivendichiamo il diritto, quello ad un lavoro
sicuro e dignitoso, come sancito dall’ Art. 4 della Costituzione Italiana e che
è un nostro legittimo e sacrosanto diritto difendere! Rivendichiamo
con forza giustizia per i 7 compagni di lavoro morti perché d’innanzi alla
legge si è tutti eguali, anche se la TK e il Padronato vogliono farci credere
il contrario.
Chiediamo a tutte le realtà di fabbriche in lotta per la difesa del posto di lavoro,
lavoratori, studenti, precari, disoccupati, progressisti, semplici cittadini di
Torino di sostenere la nostra lotta nelle forme che riterranno opportune con
una cassa di solidarietà, la presenza fisica al presidio, la richiesta di
veicolare l’informazione, per sostenere questa importante lotta di giustizia
legata all’occupazione ma anche in difesa di principi di giustizia e di
solidarietà con le famiglie dei nostri colleghi morti in quella fabbrica. In
piazza per affermare la nostra dignità prima di uomini e poi di lavoratori, per
una ricollocazione garantita dagli accordi, senza dimenticare Antonio, Roberto, Angelo, Bruno, Rocco, Saro e Giuseppe.
La ThyssenKrupp non era in crisi ma ha chiuso per speculazioni in nome del profitto
delocalizzando a Terni. Questa situazione non l’abbiamo creata noi lavoratori e non vogliamo pagarne le conseguenze. Chiediamo alla Regione Piemonte ed alle altre Istituzioni locali di intervenire per far rispettare i vari accordi siglati in merito alla chiusura del sito ed alla ricollocazione dei lavoratori, anche in virtù del ruolo che le stesse Istituzioni hanno avuto in questa vicenda, ovvero nella predisposizione degli accordi e la costituzione di parte civile al fianco dei lavoratori.

TORINO, 14 OTT – Ad un certo punto il dirigente della Thyssenkrupp si è lasciato andare ad uno sfogo: «Ci hanno accusato di tutto e di più, ma secondo me senza ragione». Raffaele Salerno, responsabile («a 3.800 euro al mese» e ora in pensione) dello stabilimento di Torino della multinazionale dell’acciaio, stava rispondendo, in Corte d’Assise, alle domande dei pm come imputato di omicidio colposo per la morte dei sette operai bruciati nel rogo del 6 dicembre 2007. E quella è stata solo la prima delle frasi che hanno tradito la sua carica di ribellione: un piglio, il suo, che nel corso dell’udienza ha generato dei battibecchi con i legali di parte civile. Il quadro aziendale dipinto da Salerno non assomiglia a quello dei pubblici ministeri: la filiale subalpina, nonostante fosse sul punto di chiudere i battenti, non era stata abbandonata a se stessa. La pm Francesca Traverso, che non nasconde la perplessità di fronte alle frasi del dirigente, gli contesta l’esito delle indagini dell’Asl (116 le violazioni trovate) e le fotografie che documentano «la sporcizia e la situazione critica», ma lui risponde così: «Non mi sembra che ci fossero carenze tanto gravi. Subivamo ispezioni continue, tutto quello che ci dicevano veniva girato agli organi competenti di Terni e quello che si doveva fare veniva fatto. Io non vedevo pericoli per le persone». Salerno legge dei dati: «Nel marzo del 2007 gli operai erano 296, a novembre erano 166 ma c’erano meno impianti e quindi, in proporzione, i lavoratori erano in numero superiore. E se lo straordinario pro capite un tempo era di sei ore, nel settembre 2007 era di 3,2». Poi, ancora sfoghi. «Io rimproveravo gli operai che pulivano gli impianti? È una delle barzellette che ho sentito in quest’aula». L’avvocato di parte civile Sergio Bonetto lo provoca: «Il 6 dicembre 2007 c’è stato un incendio, si ricorda?». E lui ribatte: «Mi sento una vittima anch’io». Ma il pubblico mormora, mentre Antonio Boccuzzi, il lavoratore scampato al rogo che ora è deputato Pd, scuote la testa: «Salerno ha detto che io avevo la qualifica di operaio leader? Guarda un pò, lo scopro oggi». Gli altri quattro imputati verranno interrogati nelle udienze successive, e la Corte ha stabilito che i due tedeschi (uno è l’amministratore delegato Harald Espenhahn) non saranno affiancati da un interprete. La questione della lingua ha un certo peso, perchè i difensori sostengono che la mancata traduzione degli atti sarà causa di nullità. I giudici invece dicono che è tutto in regola: gli imputati conoscono l’italiano quanto basta. All’ingresso del Palazzo di Giustizia sono stati distribuiti volantini firmati dal Collettivo Comunista Piemontese che indicano con nomi e cognomi i legali della Thyssenkrupp e li definiscono «professionisti che accumulano quattrini sporchi del sangue degli operai uccisi». L’iniziativa è cessata con l’intervento dei carabinieri, e il procuratore Raffaele Guariniello, in aula, ha espresso la «solidarietà dell’ufficio agli avvocati per l’alta opera che svolgono a tutela dei loro assistiti».

THYSSEN: IMPUTATO, NON C’ERANO CARENZE DI SICUREZZA / ANSA
TORINO, 6 OTT
– Ha negato qualsiasi responsabilità, questa mattina nell’udienza che lo vede come uno dei sei imputati nel processo per il rogo che nel 2007 causò sette morti all’acciaieria Thyssen Krupp di Torino, Cosimo Cafueri, allora responsabile del servizio prevenzione e protezione dello stabilimento e attualmente in pensione. Non è stato sentito, invece, Raffaele Salerno, diretto superiore di Cafueri, anche lui in programma per questa mattina. Sarà sentito il 14 ottobre insieme ad altri imputati. Complessivamente sotto accusa ci sono sei dirigenti, tra cui l’amministratore delegato Harald Espenhahn, sul quale, in particolare, pende l’accusa più grave: omicidio con dolo eventuale. Secondo la versione fornita da Cafueri, quella della Thyssen Krupp è stata una tragedia del tutto imprevedibile, visto che nei giorni immediatamente precedenti non era stata riscontrata alcuna anomalia. «Gli ispettori hanno controllato tutti gli impianti soltanto a ottobre, senza riscontrare alcun problema o malfunzionamento – ha detto rispondendo a uno degli avvocati di parte civile -. E sicuramente al momento della tragedia la situazione non era cambiata. C’erano aree già smontate e potevano esserci cose non del tutto in ordine, ma dal punto di vista della sicurezza era esattamente la stessa situazione. Cose che non erano emerse a ottobre sono state rilevate dagli ispettori soltanto dopo che è accaduto l’incidente». Dal pm Francesca Traverso è arrivata l’obiezione che gli ispettori a ottobre avrebbero prescritto diverse misure di sicurezza che l’azienda non adottò. «Sfido chiunque a ottemperare a quelle prescrizioni e poi a lavorare – ha risposto Cafueri -. Stiamo parlando di impianti che certamente non sono all’avanguardia, ma non si può dire che non fossero in sicurezza. Era possibile che ci fossero perdite di olio o disordine, ma altrettanto normale era che ci fosse un’impresa che effettuasse le pulizie. Era uno stabilimento siderurgico, certamente non un salotto, ma c’erano tutti i sistemi per mantenerlo in ordine». Stessa questione per la presenza di carta nella linea 5: «Il controllo non spettava a me, ma per i giri che facevo non si notava il disordine che è stato descritto in quest’aula. Che la carta fosse lungo la linea era un’anomalia, certamente non la normalità. In questa situazione qualcuno ci ha messo anche del suo». E proprio sul comportamento dei dipendenti Cafueri, che ha detto di conoscere Rocco Marzo, una delle vittime, da 30 anni, si è voluto togliere qualche sassolino: «Il personale sapeva benissimo che avrebbe dovuto usare il pulsante di emergenza – ha sostenuto -. Chi utilizzava l’estintore aveva l’ordine di informare il proprio capoturno. Marzo era esperto e aveva partecipato a simulazioni col sottoscritto, era una persona capace e conosceva le procedure di spegnimento degli incendi. Non sapevo che non avesse fatto un corso di formazione, ma sapevo il ruolo che avrebbe dovuto ricoprire quale responsabile dell’emergenza, che aveva il compito di decidere se chiamare o no i vigili del fuoco. Non gli si chiedeva di fare degli interventi diretti. La mia funzione si è esaurita nell’informare i capiturno di che cosa avrebbero dovuto fare in caso di emergenza».

 

ROMA, 23 GIU – «La modifica dell’articolo 10 bis, cosidetto salva manager, del testo unico salute e sicurezza avrebbe effetti devastanti sui processi Tyssen e Eternit e ne cancellerebbe centinaia più piccoli» questa la denuncia della segretaria confederale della Cgil, Paola Agnello Modica. «Le modifiche in discussione nelle commissioni di Camera e Senato – continua la sindacalista – sono una vera e propria controriforma che toglie i pioli all’impalcatura generale della legge». Queste la parole di Agnello Modica in una nota dove ribadisce il no del sindacato e ricorda il parere negativo delle Regioni a queste modifiche. «Un testo – insiste – che è in contrasto con la prima parte del codice penale, quello civile, così come è in contrasto rispetto alla Costituzione, alle direttive europee ma anche rispetto allo Statuto dei lavoratori».

Mi chiamo Massimo Zucchetti e sono il più giovane professore universitario  italiano di Sicurezza e Analisi del Rischio. Lavoro al Politecnico di Torino.  Sono Consulente Tecnico nel Processo Thyssen-Krupp dove nel dicembre 2007 morirono bruciati fra sofferenze atroci sette operai. In data 28 aprile  2009 ho depositato al Processo la mia Relazione di 60 pagine, che ricostruisce l’evento, identifica le cause, indica i colpevoli delle sette atroci morti. Leggi tutto il resto.

RIPRESO PROCESSO CON AUDIZIONE CONSULENTI PM (ANSA) – TORINO, 25 MAR – Con l’audizione dei consulenti della pubblica accusa è ripreso questa mattina a Torino il processo per il rogo alla Thyssenkrupp che, il 6 dicembre 2007, uccise sette operai. Il primo a intervenire è stato Luca Marmo, ricercatore del Politecnico, il quale, avvalendosi di fotografie, grafici e ricostruzioni animate, ha spiegato per alcune ore il funzionamento della linea 5, quella andata a fuoco. Proprio per visionare la linea 5 ieri mattina un gruppo di avvocati di parte civile (Lamacchia, Bonetto, Poli, Napoli e Bonino) ha compiuto, con l’approvazione della Corte d’Assise, un sopralluogo nello stabilimento. Durante la visita non è mancato un episodio curioso: uno degli accompagnatori dei legali, un tecnico della Thyssenkrupp che tra l’altro è stato citato fra i testimoni del processo, ha sollevato il caso della sparizione di un metro. L’oggetto, comunque, è stato ritrovato nel giro di pochi minuti: era semplicemente in un altro punto dei locali. Il primo legale di parte civile a compiere un sopralluogo in azienda era stato, già il 6 marzo scorso, l’avvocato Rossini.

OPERAIO, TRASFERITO PER DISPETTO DOPO UN INFORTUNIO – 19 mar
«Dopo che ebbi un incidente sul lavoro nel 2006 per dispetto fui trasferito ad altro incarico e dopo di me venne preso come ispettore alle linee un ragazzo senza formazione». È quanto ha dichiarato Antonio Aprile, per nove anni ispettore alla linea 5 della Thyssen Krupp, quella coinvolta nel rogo del 6 dicembre 2007, sentito come testimone dopo due suoi ex colleghi, Massimiliano Bianco e Giuseppe Martini. Rispondendo alle domande dei pm sulla situazione ambientale alla linea 5, l’operaio ha parlato di «perdite d’olio frequenti. C’erano spesso fumi – ha proseguito – dovuti a residui di olio a contatto con i nastri caldi della laminazione. In teoria – ha spiegato – i rotoli avrebbero dovuto raffreddarsi mentre spesso venivano lavorati a caldo e in quei casi c’era la nebbia, la campata si riempiva di fumo ed eravamo costretti ad aprire i portoni dei passi carrai per fare corrente e d’inverno faceva faceva freddissimo e d’estate molto caldo», ha concluso. 

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