Da CinaOggi
Salari all’ora sotto il dollaro. Licenziamenti senza preavviso.
Dirigenti indifferenti. Agenzie interinali che si portano via mesi di
paghe degli operai. Un gioco che avviene ogni giorno nelle fabbriche
cinesi che non lascia nessun responsabile. Secondo gli attivisti dei diritti dei lavoratori e gli operai
intervistati dal Global Post, queste condizioni sono ben diffuse nelle
fabbriche che ogni giorno producono gadgets elettronici alla moda e che
siamo abituati a regalarci con l’arrivo delle festività. I vari
iPhone, le batterie Nokia o le tastiere Dell, sono tutte assemblate in
Asia da lavoratori con pochissimi diritti. Nel momento in cui un gadget
raggiunge le scintillanti vetrine di uno store Apple sulla Quinta
Strada a New York, può essere nel frattempo passato fra le mani di un’
emigrante filippina che lavora in uno stabilimento di Taiwan per il
controllo qualità, con il rischio di essere licenziata senza preavviso,
o per le mani di un giovane cinese alla linea di produzione, che lavora
80 ore a settimana per meno di un dollaro l’ora. Negli ultimi anni
sempre più spesso si è parlato di questi abusi. Nel 2006, in una
verifica svoltasi dopo un’inchiesta giornalistica di un settimanale
britannico, la Apple ha scoperto che nelle fabbriche cinesi dove si
producevano gli iPod, gli operai seguivano turni di lavoro massacranti.
Ancora, quest’anno, la Commisione Nazionale per il Lavoro con sede a
Pittsburgh, un gruppo nonprofit per i diritti dei lavoratori, ha
riportato che un fornitore della Microsoft, Dell e altri celebri marchi
di Dongguan (non lontano da Shenzhen, nel Guangdong), aveva turni di 81
ore alla settimana come media. Dell ha affermato in una email che sono
stati adottati piani correttivi. Microsoft invece che avvierà
un’indagine interna. L’imbarazzo delle compagnie ha però parzialmente
migliorato le condizioni degli operai. Hanno stilato dei codici di condotta che i fornitori asiatici dovrebbero rigorosamente rispettare promettendo che queste cose non si sarebbero più verificate.
Ma
gli attivisti la pensano diversamente: mentre questi codici vanno
benissimo per le relazioni con i media, fanno poco o nulla per
correggere il problema. Per la verità secondo alcuni sono solo dei
documenti che permettono alle grandi compagnie di lavarsi le mani del
problema, dal momento che gli operai continuano ad essere sfruttati
nelle catene di produzione asiatiche. "Questi codici di condotta e
queste inchieste sono nuovi strumenti che tutte le compagnie hanno"
dice Jenny Chan, attivista di Hong Kong, "ma questi codici hanno dei
limiti. Per vedere cambiamenti importanti, devi coinvolgere gli operai
e guadagnarti la loro fiducia. Altrimenti è solo il gioco del gatto che
si morde la coda, tra fornitori e clienti".
Il problema è
aggravato dalla mancanza di trasparenza. I produttori di elettronica
asiatici sono notoriamente torbidi e ambigui, dal momento che molte
multinazionali mantengono le loro liste di fornitori come informazioni
top-secret, che tra l’altro spesso subappaltano parti ad altre
compagnie. Tutto ciò rende molto difficile stabilire di chi siano le
responsabilità. Quando una fabbrica viene pubblicamente accusata di
infrangere o non tutelare i diritti dei lavoratori, i grandi clienti
generalmente tagliano gli ordini o limitano gli affari, misure
chirurgiche che spesso però falliscono. L’ultimo resoconto annuale
della Electronic Industry Citizenship Coalition (EICC, di cui fanno
parte tra gli altri Apple, Dell e Hewlett-Packard) , ha pubblicato i
risultati delle indagini del 2007 e del 2008. Sono state riscontrate
numerosi evidenti violazioni dei suoi codici di condotta sulle ore
lavorative e sui benefits.
In un’inchiesta interna ad Apple,
pubblicata nel febbraio del 2009, si è scoperto che circa il 60% dei
fornitori violava le linee guida dei codici di condotta, stabilite per
le ore lavorative e per le vacanze. Altre violazioni piuttosto comuni
riguardano operai sotto pagati, e salari confiscati come punizioni.
Inoltre Apple ha scoperto anche alcune fabbriche che avevano
falsificato i dati, assumendo operai di età sotto il limite legale per
lavorare e altri che avevano pagato quote ben superiori alla media per
trovar lavoro. A questo punto, è inevitabile domandarsi perché queste
compagnie non si mettano insieme affinché i codici di condotta vengano
rispettati. Apple insiste nel dire che sta facendo molto. "Effettiamo
indagini su tutti i nostri fornitori" ha detto Jill Tan, portavoce di
Apple durante un’intervista telefonica. " E’ un processo rigoroso, e
stiamo prendendo tutte le azioni correttive in nostro possesso.
Indaghiamo senza tregua, e pubblichiamo tutti i risultati nel nostro
sito". Stesse risposte da parte di Dell.
A maggio, GlobalPost
ha condotto un’inchiesta sugli abusi del lavoro in una compagnia
taiwanese che rifornisce Apple, Nokia e Motorola, nelle sue fabbriche a
Taiwan e in Cina.
Sono stati intervistati 12 operai che lavorano o hanno lavorato negli
stabilimenti della compagnia. Sono state riportate le seguenti
violazioni:
* Per i lavoratori taiwanesi le violazioni dei
codici di condotta riguardavano i turni, le vacanze, gli straordinari e
le organizzazioni sindacali.
* Per i lavoratori cinesi le
violazioni comprendevano tutti i punti specifici ai lavoratori
taiwanesi alle quali andavano a sommarsi violazioni per il lavoro
minorile.
* Per i lavoratori migranti filippini, le violazioni
principalmente riguardavano gli abusi delle agenzie interinali che si
appropriavano di compensi ben maggiori della norma, alle volte pari ad
un intero anno di salario.
Queste accuse non sono limitate ad
un solo fornitore, ma sono piuttosto la norma. In particolare, gli
abusi delle agenzie interinali sono applicati a tutti i migranti che
vogliono lavorare a Taiwan. Ma le notizie non sono tutte
grigie. Nelle loro indagini, si sono trovati di fronte a manager che si
sentivano frustrati dalle limitazioni imposte da queste realtà. Si è
saputo di un grande progetto da parte di HP che pare abbia avuto
risultati al di là delle aspettative. Sebbene siano casi limitati,
lasciano qualche speranza per il miglioramento delle condizioni
lavorative degli operai.