Anche se si sono spente le luci della ribalta sulla tragedia della Thyssenkrupp, di lavoro si continua a morire incessantemente. In due giorni in Telecom due operai hanno perso la vita: Eolo Casu elettricista di una ditta appaltatrice, la Imbi Impianti tecnologi di Cagliari, e il tecnico delle rete Antonio Carlino, dipendente Telecom Italia, in provincia di Lecce.
Si muore nelle ditte di appalto, nelle aziende dove le condizioni e i ritmi di lavoro sono peggiori, i salari più bassi, considerati “superflui” i costi per la sicurezza e soprattutto dove ai lavoratori viene chiesto di far di tutto pur di portare a termine il lavoro assegnato e non “perdere” la commessa.
L’appalto dei lavori di rete in Telecom non è l’eccezione: è la regola. Una regola “d’oro” considerando il più basso costo del lavoro e la flessibilità che “lor signori” riescono ad ottenere sull’intera filiera organizzativa dove lavorano giorno e notte non “camici” bianchi, bensì operai. Già perché dietro la facciata ipertecnologica ed informatizzata del sistema moderno delle telecomunicazioni, ci sono ancora decine di migliaia di lavoratori manuali che ancora hanno a che fare con fili di rame, commutatori, centraline elettriche e “salite in quota”. Lavori a rischio che vengono volentieri esternalizzati nella giungla degli appalti di rete.
Ma si muore anche se non si è “vittima” della logica delle esternalizzazioni. Ritmi di lavoro, cambi turni, flessibilità imposta da un CCNL a perdere e soprattutto anche dentro “la casa madre” la logica del risparmio sulla pelle di chi lavora. Nelle centrali trovare i dispositivi di sicurezza per effettuare a “regola” il proprio lavoro è un impresa pressoché impossibile. Ma di “regola” si cerca di far ricadere la “colpa” sulla disattenzione di chi lavora, sulla “fatalità”, e non sull’attenzione criminale che i capi e i capetti hanno nel raggiungere i loro obiettivi di produzione!
Ma la tragedia delle morti da lavoro deve portarci a cambiare i nostri comportamenti sul lavoro: LA VITA E LA SALUTE INNANZI TUTTO!! Se non ci facciamo carico in prima persona della nostra vita/salute- ed anche con strumenti collettivi – ogni lavoro è un rischio! Oggi ancor più, nel tempo in cui dominano precarietà e competizione e la casta politico-sindacale ha venduto i lavoratori e le lavoratrici per l’affarismo e il sottogoverno.
LA SALUTE NON E’ UNA MERCE, DIFENDI I TUOI DIRITTI
Roma 10 aprile 2008 COBAS GRUPPO TELECOM