E dopo 2009

PM, A GIUDIZIO 28 DIRIGENTI ITALSIDER E ILVA
(ANSA) – TARANTO, 9 NOV

Rinvio a giudizio per 28 imputati,
non luogo a procedere per morte di altri tre imputati e
proscioglimento per l’attuale direttore dell’Ilva, Luigi
Capogrosso: queste le richieste della pubblica accusa
all’udienza preliminare a 28 persone – tra ex dirigenti dell’ex
Italsider e dell’Ilva – accusate di cooperazione nell’omicidio
colposo plurimo di 30 dipendenti e di omissione colposa di
cautele o difese contro gli infortuni sul lavoro. All’udienza è
stata citata come responsabile civile la Fintecna.
Gli operai morti – secondo l’accusa – hanno contratto gravi
malattie lavorando a contatto con quella che il magistrato
inquirente, Italo Pesiri, ha definito «una particolare miscela
di elementi dannosi per la salute». Gli episodi presi in esame
riguardano un arco di tempo di 35 anni. Gli imputati, sempre a
parere del pm, avrebbero omesso di informare i dipendenti dello
stabilimento (prima Italsider, poi Ilva) dei rischi a cui
andavano in contro lavorando a contatto con sostanze chimiche e
polveri. L’udienza preliminare proseguirà il 21 dicembre
prossimo.

MAXIRISARCIMENTO PER DOLO EVENTUALE
OPERAIO MORÌ TRAVOLTO IN AZIENDA DA MULETTO
(ANSA) – RAVENNA, 23 OTT –
Un ‘dolo eventuale’ per l’
infortunio che nello stabilimento della società ‘Tre C‘ di
Mezzano, alle porte di Ravenna, il 23 settembre 2006 costò la
vita a Nazim Ibra, operaio albanese di 46 anni. È quanto
prospettato dal giudice del Lavoro Roberto Riverso del Tribunale
di Ravenna, che in una recente sentenza ha stabilito a favore
dei familiari della vittima – moglie, i due figli, genitori e
fratelli – un risarcimento totale pari a un milione e 300 mila
euro.
Il quarantaseienne fu travolto da un muletto in retromarcia
privo dell’apposito dispositivo acustico e morì dopo un paio di
settimane di agonia all’ospedale Bufalini di Cesena. Il processo
penale di fronte al Gup del Tribunale di Ravenna si era concluso
nell’aprile 2008 in primo grado con due condanne per omicidio
colposo a sei e a otto mesi di carcere. Secondo il giudice
civile invece l’uso del mezzo con quelle modalità, come
anticipato da alcuni quotidiani locali, costituiva non tanto un
episodio isolato ma una consuetudine definita di «gravità
inaudita». Da qui l’attribuzione all’azienda del dolo
eventuale.

OPERAIO MORÌ NEL RAVENNATE, DUE ACCUSATI
(ANSA) – RAVENNA, 23 OTT
– Lavorava a terra quando
improvvisamente un macchinario in retromarcia guidato da un
collega lo aveva travolto e ucciso. Per la morte di Fejzi
Remani, – operaio albanese di 49 anni, avvenuta l’11 settembre
2008 a Massa Lombarda (Ravenna), all’interno di un’azienda
specializzata nel recupero materiali, il Pm Stefano Stargiotti
ha notificato l’avviso di conclusione indagine ai presidenti dei
cda delle due ditte, entrambi ravennati, che secondo l’accusa
sarebbero responsabili dell’omicidio colposo dell’operaio.
I due in particolare non avrebbero predisposto un adeguato
sistema di controllo e non avrebbero assegnato ruoli definiti
all’interno dell’area di lavoro. Sotto accusa anche i requisiti
di sicurezza legati al mezzo che travolse l’albanese. 

STENO MARCEGAGLIA ASSOLTO
(ANSA) – RAVENNA, 22 OTT
– Assolto per non avere commesso il
fatto. Si è concluso così il processo che davanti al giudice
monocratico del Tribunale di Ravenna vedeva Steno Marcegaglia,
legale rappresentante dell’omonimo colosso europeo della
trasformazione dell’acciaio, imputato di lesioni colpose in
seguito all’infortunio sul lavoro che il 12 febbraio del 2004
nello stabilimento ravennate del gruppo costò a un operaio, poi
risarcito, una prognosi di 85 giorni.
Per Marcegaglia, difeso dall’avvocato Ermanno Cicognani, la
procura aveva chiesto quattro mesi di carcere.
Il lavoratore – un capo turno di 40 anni originario di Verona
e residente a Ravenna – si ferì a un braccio mentre, assieme a
un collega che azionava gli ingranaggi, stava pulendo una
macchina a rulli. Secondo quanto emerso in dibattimento, la
procedura adottata dai due non era stata quella corretta. In
particolare un ingegnere dipendente dell’azienda citato dalla
difesa ha spiegato che si sarebbe dovuta spegnere la macchina e
smontarne i rulli o in alternativa farne girare gli ingranaggi
col detergente. Il fatto che gli stessi operai abbiano ammesso
di conoscere tali procedere e di essere stati a suo tempo
istruiti sulle pratiche di sicurezza ha pesato sulla sentenza le
cui motivazioni verranno depositate entro 60 giorni.
Sempre per Marcegaglia l’11 novembre prossimo davanti al Gup
del Tribunale di Ravenna è stata fissata l’udienza preliminare
del procedimento nel quale è accusato, in cooperazione con
Antonio Zangaglia, l’allora direttore dello stabilimento
ravennate, per le ipotesi di reato di lesioni personali gravi,
gravissime e in un caso per omicidio colposo nell’ambito di una
lunga serie di infortuni risalente al 1996-2003. A Marcegaglia
viene qui contestato il fatto di non avere adeguatamente
valutato la possibilità di revocare la delega in materia di
sicurezza a Zangaglia nonostante la scia di infortuni e di
procedimenti che per il direttore si erano conclusi con una
condanna. 

OPERAIO MORTO, INAIL NEGA INDENNIZZO
(ANSA) – CAGLIARI, 7 OTT

Finisce in Parlamento la vicenda
del mancato risarcimento della vedova di un operaio morto in un
incidente sul lavoro. Dopo il rifiuto dell’Inail di risarcire i
familiari di Mario Soggiu, un idraulico sardo di 56 anni, morto
il 15 luglio a Bergamo nel cantiere del nuovo ospedale, il
deputato bergamasco Antonio Misiani (Pd) ha presentato
un’interrogazione parlamentare per chiedere al Governo di
intervenire affinchè l’Inail riconosca i diritti dei familiari
della vittima.
«La decisione di negare ogni indennizzo lascia senza parole
– ha sottolineato Misiani – credo che di fronte a questa vicenda
sia necessario l’intervento del Ministro del Lavoro. I familiari
della vittima non chiedono altro che giustizia e un equo
indennizzo». Soggiu è morto dopo essere caduto da una scala
non protetta all’interno di una delle torri dell’ospedale, il
cui accesso non era stato bloccato. Secondo la Segreteria della
Fiom-Cgil «la morte del lavoratore è da attribuire alla
mancata applicazione delle norme in materia di sicurezza, e alla
violazione degli obblighi da parte delle aziende committenti e
appaltatrici di informare e formare correttamente i lavoratori
sui rischi presenti nell’ambiente di lavoro». Secondo l’Inail,
invece, non spetterebbe ai familiari alcuna indennità dato che
l’infortunio non sarebbe legato a un rischio lavorativo. Anche
la magistratura si sta occupando del caso. 

TRUCK CENTER; CHIESTE 3 CONDANNE
(ANSA) – TRANI, 5 OTT
– Tre condanne a cinque anni di
reclusione (per i dirigenti di Fs Logistica Mario Castaldo e
Alessandro Buonopane e della società Loa cinque biotrans
Pasquale Campanile), assoluzione per l’autista Filippo
Abbinante: sono le richieste del pm Giuseppe Maralfa al processo
per la morte, per avvelenamento, dei cinque lavoratori della
Truck center di Molfetta (il 3 marzo 2008), in corso dinanzi al
giudice monocratico del Tribunale di Trani Lorenzo Gadaleta.
Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di omicidio
colposo plurimo, lesioni colpose e violazione delle normative
sulla sicurezza sul lavoro.
Il pm ha anche chiesto la trasmissione degli atti alla
Procura della Repubblica per valutare eventuali responsabilità
di dirigenti dello stabilimento Eni di Taranto (ex proprietario
della cisterna in cui avvenne la tragedia), Nuova Solmine e
Meleam Puglia.
Maralfa ha anche sottolineato la mancanza dell’autorizzazione
della Truck center al trattamento di rifiuti derivanti dal tipo
di bonifiche come quelle di cisterne che trasportano prodotti
chimici e derivati di idrocarburi. 

(AGI) – Cosenza, 30 set. Marlane di Praia a Mare – "L’avviso di conclusione indagine
non arrivera’ prima della fine della prossima settimana. Qui
alla Procura di Paola siamo solo due, ormai, io e il
Procuratore Giordano, e il tempo manca per tutto". A dirlo e’
Antonella Lauri, magistrato della Procura di Paola (CS) che sta
seguendo l’inchiesta che riguarda le morti sospette per tumore
avvenute tra gli operai della ex fabbrica tessile, adesso
chiusa, Marlane di Praia a Mare, sull’alto tirreno cosentino. "Il numero degli indagati aumentera’ di certo", conferma
all’AGI la dottoressa Lauri, che ha raccolto tre diverse
inchieste, partite piu’ di 10 anni fa, in un solo fascicolo. Della vicenda si e’ occupato oggi anche il sito internet del
quotidiano ‘La Repubblica’, che riferisce di 40 morti e 60
ammalati di cancro, tutti casi sospetti esaminati dalla procura
calabrese, che ha inviato piu’ volte i corpi specializzati dei
Vigili del Fuoco ad effettuare scavi nel cortile della
fabbrica, dove si sospetta siano interrate le scorie non
smaltite. La Marlane nacque a meta’ degli anni ’50 per opera
del Conte Rivetti, un eclettico industriale biellese
stabilitosi a Maratea. All’inizio la fabbrica pare non
disponesse di alcun sistema di depurazione e molti parlano di
un rigagnolo maleodorante che si riversava in mare. Dopo una
breve parentesi di gestione IMI, entro’ nell’orbita Lanerossie
poi divenne di proprieta’ della Marzotto. Qui si lavorava ogni
genere di fibra: lana, lino, seta, fibre sintetiche. Con
l’arrivo della proprieta’ statale furono installati i primi
sistemi per il trattamento dei fanghi. Ma furono anche
abbattuti i muri di separazione tra i vari reparti di
lavorazione, consentendo ai fumi delle sostanze chimiche di
coloritura di espandersi per tutti i reparti adiacenti a quello
di tintoria. Un tempo per tingere il poliestere venivano usati
coloranti a basi diazotabili, ora desueti. Pare anche che qui i
controlli sanitari siano sempre stati piuttosto sommari, come
le ispezioni di legge. Inoltre, in aggiunta ai fumi dei
coloranti, ci sarebbe stato anche un notevole rischio di
respirare polveri di amianto, usato in alcune macchine. Questo
fino al ’96, quando la tintoria fu di fatto smantellata. Restarono invece gli altri reparti, ma anche a causa della
conversione la fabbrica inizio’ ad essere improduttiva. Da qui
il pesante ridimensionamento del corpo operaio, con le
conseguenti proteste pubbliche. Intanto cominciavano le morti
sospette, a meta’ degli anni ’70, fino a contare almeno 50
morti acclarati per tumore tra gli operai, forse anche un
centinaio, visto che il calcolo esatto non e’ mai stato fatto. Da qui le prime denunce alla Procura della Repubblica di Paola.

MILANO, 17 SET – È stato rinviato al prossimo 29
ottobre il processo in corso alla quinta sezione penale del
tribunale di Milano nei confronti di dieci persone, tra cui tre
dirigenti e un architetto delle Ferrovie Nord, imputati di
cooperazione in omicidio colposo per la morte di un operaio
travolto dal Malpensa Express nel maggio 2007 mentre stava
lavorando alla stazione di Bollate (Milano). Oggi in aula ha
testimoniato una dirigenti dell’Asl di Garbagnate che ha
ricordato che nell’immediatezza dell’incidente l’Azienda
sanitaria locale sanzionò sia le Ferrovie Nord sia le ditte che
avevano in appalto e in subappalto i lavori.
Secondo l’accusa per impedire la tragedia sarebbe bastato
utilizzare due persone come «agenti di protezione». Invece
quel giorno l’operaio non sentì il richiamo fatto a voce e con
il fischietto da un collega mentre stava lavorando e venne
travolto dal treno. Oltre a quella del 29 ottobre il giudice ha
fissato un’altra udienza per il 20 novembre. 

PISA – È morto sul lavoro tre anni fa, ma il processo non è mai partito. Corriere della sera.

Per l’esattezza il 26 giugno del 2006 mentre era al lavoro. Alcune casse contenenti lastre di vetro
per circa 6 tonnellate lo hanno schiacciato. Insomma, una morte bianca
in piena regola, tanto che a suo nome sono nati comitati e persino un
premio di studio dell’Università di Pisa. Eppure, per capire perché
Carlo Pratelli è morto, e soprattutto se responsabilità ci sono da
parte di chi doveva vigilare sulla sicurezza del luogo di lavoro, nulla
è stato fatto. A tre anni di distanza non si è nemmeno svolta l’udienza
preliminare, la base di un eventuale processo per stabilire la verità. A
denunciare il caso, con una lettera accorata, il figlio, Massimiliano.
Il giovane ricorda l’attività del padre, che faceva l’autista, quel
terribile giorno, l’incidente nello stabilimento Saint-Gobain di Pisa:
«Nessuno ha visto nulla – scrive –, niente. Dalle prime ricostruzioni
del magistrato e dai periti, noi ne abbiamo tre in tutto, un esperto di
normative sulla sicurezza, un ingegnere ex progettista della Iveco e un
professore universitario docente in materia di sicurezza, sono apparse
poco chiare molte cose». È tanta la rabbia sulla mancanza di
sicurezza: «Il caso (diciamo così…) ha voluto che anche il rimorchio
che aveva in dotazione mio padre non fosse proprio nuovo, tutt’altro…
Mio padre non doveva essere lì. Dopo quel giorno la Saint-Gobain ha
fatto fare una saletta per gli autisti. Ci voleva la morte di mio padre
per capirlo… Che dire – aggiunge – dopo tre anni, tre, non si è
ancora fatta l’udienza preliminare. Non abbiamo ancora potuto fare la
dichiarazione di parte civile. Ci sono 9 persone indagate, fior di
avvocati. A loro non sembra vero di allungare il brodo. Sperano nella
prescrizione che in Italia va tanto di moda. Che schifo. E meno male
che i processi per le morti sul lavoro dovevano avere la priorità».

GENOVA – 6 AGOSTO
Il pm Paola Calleri del Tribunale di
Genova, titolare dell’indagine sulla morte dell’artigiano
savonese Giuliano Gallo, 48 anni, deceduto ieri a Molo Giano
durante il lavoro, ha aperto un fascicolo sull’incidente. Non
vi sono tuttavia ipotesi di reato a carico di alcun soggetto
coinvolto nella vicenda in quanto l’uomo lavorava
autonomamente. L’autopsia non è ancora stata disposta. L’indagine dovrebbe presto passare al pm Alessandro Bogliolo,
titolare degli infortuni sul lavoro per la procura di Genova. Sulla dinamica non vi sono sostanziali novità: l’uomo stava
svolgendo un lavoro sull’albero di uno yacht in costruzione
quando è improvvisamente precipitato per cause da addebitarsi,
almeno in questa primissima fase dell’indagine, alla vittima
stessa.

MINEO; CHIESTI SETTE RINVII A GIUDIZIO
(ANSA) – MINEO (CATANIA), 4 AGO

La Procura della Repubblica
di Caltagirone ha chiesto il rinvio a giudizio di sette persone
per l’incidente sul lavoro nel depuratore comunale di Mineo
avvenuto l’11 giugno del 2008 in cui morirono sei persone.
Il provvedimento, firmato dal procuratore capo Francesco
Paolo Giordano, è giunto a conclusione di indagini svolte da
carabinieri della compagnia di Caltagirone e del Noe.
Le persone imputate sono il sindaco Giuseppe Castania; l’
assessore con delega ai lavori Pubblici, Giuseppe Mirata, il
responsabile ufficio tecnico del Comune, architetto Marcello
Zampino; l’addetto ai servizio del depuratore, geometra Antonino
Catalano, il responsabile del servizio di prevenzione Giuseppe
Virzì; il titolare della omonima azienda di espurgo di Ragusa,
Salvatore Carfì; e il capo cantiere della ditta, Salvatore La
Cognata.
Nell’incidente morirono i dipendenti comunali Salvatore
Pulici, Giuseppe Palermo, Natale Sofia e Giuseppe Zaccaria e due
operai della società Carfì, Salvatore Tumino e Giuseppe
Smecca. Secondo l’accusa, la morte
dei sei operai sarebbe stata causata dall’esalazioni tossiche

formatesi nel pozzetto di ricircolo dei fanghi durante le fasi
della sua pulizia, che, secondo una perizia disposta dalla
Procura e eseguita da tre docenti universitari, sarebbero state
prodotte dallo sversamento illecito nella vasca di idrocarburi
dall’autobotte della dittà Carfì che si trovava a operare sul
posto. I capi d’imputazione contestati dal procuratore capo Giordano
sono diversi e articolati. Nei confronti del sindaco Castania,
dell’architetto Zampino e dell’allora assessore Mirata è
ipotizzato l’abuso d’ufficio; Zampino e Mirata, inoltre, assieme
al geometra Catalano, Virzì, Carfì e La Cognata sono imputati
per omicidio colposo plurimo; Carfì e La Cognata sono anche
accusati di causazione della morte come evento prodotto da un
reato doloso, nella specie il traffico di rifiuti speciali.
La data dell’udienza al Gup non è stata fissata.

29 LUGLIO – LATINA
Tre
gli indagati:
il proprietario del macchinario che si è spezzato, il
titolare della ditta che si stava occupando dell’installazione delle
luminarie e il presidente dell’associazione che organizzava la
manifestazione. L’uomo – mentre lavorava, a titolo di volontariato,
come tanti altri cacciatori dell’associazione «Insieme Caccia e
Ambiente» – era rimasto seriamente ferito nella mattinata di sabato 18
luglio, mentre con gli altri soci stava lavorando nella spianata di
Monte Acuto per l’allestimento delle strutture necessarie allo
svolgimento della tradizionale «Festa del Cacciatore» in programma
proprio sulla montagna maentina dal 31 luglio al 2 agosto. Ciccateri
con un collega, E.D.R. di 30 anni pure di Maenza, era all’interno del
cestello di una piccola gru, intento a installare su un palo di circa
tre metri un faro per illuminare la zona della festa. Per cause, che
sarà l’inchiesta della Procura a chiarire, alle 10:45 il braccio su cui
era agganciato il cestello ha ceduto all’improvviso facendo cadere
violentemente a terra i due operai. Ciccateri ebbe la sfortuna di
battere la testa su un sasso, riportando traumi tali che avevano
indotto i medici del «Santa Maria Goretti» di Latina, dove era stato
trasportato in eliambulanza, a ricoverarlo in rianimazione in prognosi
riservata. Dopo 10 giorni di agonia, Paolo, che lascia la moglie Anna e
i figli Federico e Livio, è spirato all’alba di lunedì. TRE CONDANNE PER MORTE PORTUALE RAVENNA
VENTIDUENNE ERA AL PRIMO GIORNO DI LAVORO
(ANSA) – RAVENNA, 27 LUG


Tre condanne,
per un totale di due
anni e otto mesi di reclusione, e otto assoluzioni: è l’esito
del processo con rito abbreviato per la morte di Luca Vertullo,
il portuale di 22 anni deceduto al suo primo giorno di lavoro il
primo settembre 2006 nel traghetto ‘Espresso Catania‘ in
partenza da Ravenna.
Vertullo, assunto come interinale dalla compagnia portuale di
Ravenna, venne travolto da un rimorchio in fase di parcheggio
nella stiva della nave. Il pm Cristina D’Aniello, al termine
della sua requisitoria di martedì scorso, aveva chiesto quattro
assoluzioni e sette condanne per un totale di 12 anni e 4 mesi
di pena. Tra i condannati (a otto mesi di reclusione e a venti
giorni di arresto) anche Massimo Verità, socio della
Cooperativa e «caponave» in turno il giorno della sciagura;
per lui la pubblica accusa aveva chiesto invece l’assoluzione.
Gli altri due condannati sono Roberto Casadio, legale
rappresentante della Cooperativa portuale, a cui è stata
inflitta una pena a un anno di reclusione e trenta giorni di
arresto e Michele Incardona, imprenditore di Comiso (Ragusa),
per il quale è stata emessa una condanna a un anno di
reclusione e venti giorni di arresto. Incardona era il titolare
del rimorchio che investì Vertullo, le indagini appurarono che
quel carico era in sovrappeso.

MORÌ IN PORTO RAVENNA, PM CHIEDE 7 CONDANNE(2)
(ANSA) – ROMA, 21 LUG
Nel dettaglio, il Pm ha chiesto due
anni per Roberto Rubboli, rappresentante legale della Compagnia
Portuale e consigliere comunale del Pd a Ravenna, Isidoro
Mucciolini (legale rappresentante della Compagnia Portuale),
Roberto Antonioli (responsabile del Servizio di prevenzione e
protezione della Impresa Compagnia portuale), Roberto Casadio
(legale rappresentante della Cooperativa Portuale) e Michele
Incardona, imprenditore di Comiso (Ragusa), proprietario del
semirimorchio risultato dalle perizie in sovrappeso. Un anno e
due mesi è la richiesta avanzata per Luca Antonellini, legale
rappresentante della T&C (società a cui la Tirrenia aveva
appaltato l’imbarco dei mezzi, poi subappaltati alla Compagnia
Portuale di Ravenna), e per William Dosi, responsabile del
servizio di Prevenzione e Protezione della T&C traghetti.
Richiesta di assoluzione infine per gli altri quattro imputati
che avevano scelto l’abbreviato, ovvero i due capi nave Pietro
Casadei e Massimo Verità (soci della Cooperativa), Francesco
Conficconi (dipendente della Cooperativa Portuale) e per
l’imprenditore ravennate Giuseppe Poggiali, legale
rappresentante della Spedra spa, società che doveva predisporre
il piano di carico.
Il Pm ha tenuto conto sia delle attenuanti generiche sia
dell’avvenuto risarcimento alla famiglia del ragazzo. In aprile
Paolo Grassi, comandante del traghetto, aveva patteggiato dieci
mesi, mentre altri due indagati avevano scelto il processo con
rito ordinario: Mario Padroni (dipendente del servizio
Prevenzione e Protezione della Compagnia Portuale) e Vincenzo
Trestino, che del traghetto era primo ufficiale. Una sentenza di
proscioglimento era invece stata emessa dal Gup Cecilia Calandra
per altri due manager della Tirrenia: Franco Pecorini (legale
rappresentante) e Roberto Tana (presidente). 

BARI, 10 LUG – Un operaio che qualche giorno fa si
era fatto male cadendo in azienda durante il lavoro si è visto
recapitare una contestazione disciplinare con cui la società
minaccia sanzioni per il suo ‘incauto comportamento’ e lo invita
a presentare ‘fondate giustificazioni’ entro cinque giorni.
È accaduto nello stabilimento di Nardò della Sirti, azienda
nazionale che si occupa di telecomunicazione. La vicenda è
denunciata dalla Fiom Cgil che annuncia per lunedì 13 «una
giornata di sciopero indetta dal Sindacato di categoria
nazionale in tutti i centri pugliesi e lucani dell’azienda Sirti
a sostegno del lavoratore pugliese punito dall’Azienda – afferma
– con delle motivazioni sconcertanti: per essersi infortunato».
L’episodio è riassunto nella stessa lettera di contestazione
che l’azienda ha inviato al dipendente per «la gravità del suo
comportamento»: il 6 maggio scorso, mentre questi prelevava un
pacco consegnato da un corriere, «indietreggiando inciampava in
un gradino, rovinando a terra e riportando un trauma
lombosacrale». Un «grave infortunio», riconosce l’azienda,
dovuto però a «incauto comportamento» e nonostante «da tempo
l’azienda con tutte le azioni possibili sensibilizzi e solleciti
il personale dipendente a porre maggiore attenzione
nell’espletamento dell’attività lavorativa». «Al fine –
chiarisce – di tutelare la salute dei lavoratori a salvaguardia
della loro incolumità».«La Sirti – dice il sindacato – da vera azienda
leader ha deciso di anticipare tutti inviando una contestazione
disciplinare» al lavoratore pugliese spiegando che l’infortunio
«si è verificato solo perchè c’è stato un incauto
comportamento del lavoratore stesso».
In realtà, secondo il sindacato, «la Sirti, la
Confindustria, il Governo tentano di intimidire i lavoratori,
con il ricatto dei provvedimenti disciplinari, così da non far
denunciare gli infortuni che scompariranno come per incanto
diventando assenze per malattia e così permettendo alle aziende
anche di risparmiare sul premio assicurativo dell’Inail».

(AGI) – Gorizia, 22 giu. – Si e’ concluso oggi con sei condanne e un’assoluzione il processo per un incidente avvenuto nel 2003 allo stabilimento Fornaci di Sagrado (Gorizia) nel quale mori’ un operaio sloveno, Davide Brumat, 34 anni. Il giudice monocratico del Tribunale di Gorizia, Caterina Brindisi, ha condannato a un anno di reclusione, senza attenuanti generiche, l’amministratore delegato delle Fornaci, il presidente della Cooperativa Alba per la quale Brumat lavorava, il vicepresidente e la coordinatrice della cooperativa. Otto mesi, con le attenuanti generiche, sono stati comminati al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e a un operaio albanese. E’ stato invece assolto il responsabile dei controlli sui macchinari. Per i condannati la pena e’ stata sospesa mentre i danni verranno liquidati in sede civile .

Rovigo, 12 giugno 2009
Due anni e mezzo
: questa la
condanna a un ex ex imprenditore 83enne di Badia Polesine, ritenuto
responsabile di omicidio colposo per aver permesso ai suoi dipendenti
di lavorare l’amianto senza che fossero rispettate le misure di
sicurezza. 
L’uomo era stato messo a processo con l’accusa di
essere colpevole, seppure indirettamente, della morte di un suo operaio
ammalatosi gravemente per l’esposizione all’amianto. Il rinvio a giudizio era scattato due anni fa, dopo
che l’imprenditore non aveva predisposto le misure di sicurezza
obbligatorie. Secondo l’accusa, l’operato dell’imprenditore fu
determinante per la morte dell’operaio, e comunque non vennero adottate
precauzioni per evitare l’inalazione e l’aspirazione delle fibre di
amianto.

(AGI) – Campobasso, 10 giu.
Negarono che la persona morta sul
cantiere fosse un dipendente della ditta: denunciati un
imprenditore edile e quattro operai romeni. Il 9 Maggio scorso,
a Casacalenda (Cb), Vincenzo Di Rocco, 33 anni, mori’ travolto
da un autocarro. Il responsabile dell’impresa dichiaro’ ai
carabinieri che l’uomo era di passaggio, mentra alcuni giorni
dopo presento’ domanda di assunzione con data retroattiva. L’appaltatore dovra’ rispondere di omicidio colposo, mentre i
quattro stranieri sono stati denunciati per favoreggiamento
personale.

Roma, 5 GIUGNO 2009
Il Tribunale di Piacenza ha assolto oggi, perché il fatto non sussite, Vincenzo Saccà, già dirigente di Trenitalia, imputato per il grave infortunio in cui Antonio di Luccio ha perso le gambe durante le mansioni di capotreno il 9 marzo 2006 nella stazione di Bologna. Il giudice, Monica Fagnoni ha accolto la richiesta del Pm,  Monica Vercesi per l’assoluzione di Saccà, il quale all’epoca dei fatti ricopriva, per delega, l’incarico di datore di lavoro, responsabile per la sicurezza dei dipendenti.
Guarda l’intervista ad Antonio.

OPERAIO MORTO, FAMIGLIA CHIEDE GIUSTIZIA
(ANSA) – GUGLIONESI (CAMPOBASSO), 20 MAG

Chiedono giustizia
i familiari di Giuseppe Pagliarone di Guglionesi, l’operaio
morto il 20 giugno del 2006 nello stabilimento chimico «Fox
Petroli» di Vasto (Chieti) affinchè le tragedie sul lavoro non
accadano più. «Per noi l’unica certezza è che sono state
violate le norme di sicurezza – hanno dichiarato i familiari di
Giuseppe Pagliarone – sul posto di lavoro, cosa inconcepibile
nel XXI secolo. Confidiamo nella giustizia anche se lenta e
siamo certi che le verità verrà alla luce». È in programma
domani in Tribunale a Vasto, a distanza di 3 anni circa dalla
tragedia, l’udienza preliminare sull’infortunio mortale di
Giuseppe Pagliarone. La moglie ed i 3 figli dell’uomo oggi
chiedono maggiori controlli sui posti di lavoro per risparmiare
dolore e sofferenze ad altre famiglie.
L’operaio morì il 20 giugno 2006 presso lo stabilimento
chimico «Fox Petroli» di Punta Penna, a Vasto all’età di 51
anni. Era dipendente di una ditta subappaltatrice dei lavori
presso lo stabilimento. Durante il turno fu investito da una
fiamma mentre lavorava in un serbatoio per effettuare una
saldatura. Il fuoco gli provocò ustioni gravissime in gran
parte del corpo.
Ricoverato nel Centro Grandi ustioni dell’Ospedale
Sant’Eugenio di Roma, morì dopo 14 giorni di agonia lasciando
la moglie e tre figli. Vani furono i tentativi disperati dei
medici di «strapparlo» alla morte. I familiari hanno fatto i
conti oltre che con il dolore, con le lungaggini burocratiche
degli accertamenti tecnici.

(AGI) – Genova, 18 mag.
Si e’ aperto stamani il processo a
carico della dirigente della ditta Forest, Enrica Campostano, e
del responsabile per la sicurezza della ditta Roberto Ferro per
cui lavorava Enrico Formenti, 40 anni, il responsabile
operativo del terminal Forest rimasto vittima il 13 aprile del
2008 a ponte Somalia, nel porto di Genova, del crollo di una
pila di balle di cellulosa., L’udienza si e’ tenuta di fronte
al giudice Giuseppe Dagnino. Gli imputati (difesi dagli
avvocati Romano Raimondo per Campostano e Vittorio Fasce per
Ferro) sono accusati di omicidio colposo. Secondo il pm Luca
Scorza Azzara’ la morte di Formenti fu provocata "da una pila
depositata in modo non idoneo, in spazi non adatti, in
conseguenza di una organizzazione del lavoro che aveva omesso,
nella programmazione della prevenzione, l’influenza dei fattori
dell’ambiente di lavoro, la valutazione di tutti i rischi e di
adottare le misure di sicurezza per la salute dei lavoratori".
 
Nell’uidienza di stamani sono stati ascoltati quattro testimoni
dell’accusa, ovvero l’ispettore di polizia che per primo fece
il sopralluogo al teriminal Forest, gli ispettori Asl che
scrissero la relazione sull’infortunio ed un camionista che
intervenne immediatamente dopo l’infortunio. L’udienza e’ stata
aggiornata al prossimo 5 giugno.

MILANO – 15 MAG  «Quando si lavora oggi si rischia,
le cose stanno così e credo sia il sistema attuale del lavoro a
essere sbagliato». È la testimonianza amara di un operaio che
nel maggio del 2005 ha visto morire un suo collega travolto da
un treno, mentre stava lavorando alla stazione di Bollate
(Milano).
L’uomo, che aveva il compito di avvisare gli altri della
squadra dell’arrivo dei convogli e in quell’occasione non ci
riuscì, è stato sentito oggi come teste nel processo milanese
a carico di dieci persone imputate di cooperazione in omicidio
colposo per la morte del lavoratore, tra cui tre dirigenti e un
architetto delle Ferrovie Nord.
«È inevitabile quando si lavora che succedano queste cose,
dispiace dirlo ma è così», ha affermato l’operaio, che aveva
il compito di avvistare i treni e di avvisare gli altri. «In
teoria – ha spiegato – non dovevo allontanarmi troppo, ma ero
andato più avanti per seguire un altro collega che era più
vicino all’arrivo dei treni».
Il 27 maggio 2005 Sergio Della Morte, operaio, sposato e con
tre figli, non sentì il richiamo lanciato a voce e col
fischietto dal collega e venne travolto dal Malpensa Express.
Secondo l’accusa, per impedire la tragedia sarebbe bastato
utilizzare due persone come «agenti di protezione». Il
processo è stato aggiornato al prossimo 17 luglio, quando
verrà mostrato il filmato delle telecamere della stazione che
ripresero l’incidente.

5 MAGGIO – BOLOGNA – Ci sono sette indagati, tra cui due aziende,
nell’inchiesta aperta dopo la morte di un operaio egiziano di 32 anni
avvenuta il 21 aprile scorso all’interno della Almet Italia, un’azienda
specializzata nella realizzazione e nella commercializzazione di
semilavorati in alluminio di via del Carrozzaio, nella zona industriale
di Bologna. Il pm della Procura felsinea, Marco Mescolini, ha
iscritto nel registro degli indagati il direttore generale della Almet,
Francesco Fussi, il responsabile della sicurezza Marco Luppi, il
responsabile del reparto Massimo Nesti, e i due legali rappresentanti
della Schelling, l’azienda austriaca produttrice delle macchine
tagliatrici. Indagate anche le due imprese, ossia la Schelling e la
Almet.

 Genova, 18 mar. – Era imputato per il reato di lesioni
colpose a danno di un agente di polizia municipale precipitato
da una scala all’interno di una sede distaccata dell’Annona: il
vice capo della polizia municipale di Genova Marco Speciale
(assistito dall’avvocato Massimo Boggio) e’ stato assolto
dall’imputazione "perche’ il fatto non costituisce reato" dal
giudice del Tribunale di Genova Anna Ivaldi.
 
Il pm Sabrina Monteverde aveva chiesto sei mesi di
reclusione in quanto, secondo l’accusa, Speciale era all’epoca
dei fatti, risalenti al marzo del 2006, responsabile per la
sicurezza in tutte le strutture della polizia municipale
genovese. La difesa ha sostenuto invece che l’area in cui e’
avvenuto l’incidente era sotto il controllo, per quanto
concerne la sicurezza, del Comune e che inoltre l’area, oggi
cantierata, gia’ all’epoca dei fatti non era praticabile.
 
L’infortunio avvenne in una scala che conduce da un
edificio amministrativo della zona dell’Acquasola a via Santi
Giacomo e Filippo, nel centro di Genova. Il vigile riporto’
lesioni che lo tennero lontano dal lavoro per 90 giorni.

OPERAIO FERITO, DENUNCIATO TITOLARE
(ANSA) – AVEZZANO (L’AQUILA), 20 MAR
– Il titolare di una
ditta di costruzioni di Avezzano, ed un operaio albanese che
lavora nella stessa ditta, sono stati denunciati dalla polizia
nell’ambito delle indagini per un incidente sul lavoro avvenuto
ieri. La vittima è un 32enne di Avezzano, ricoverato nel
reparto di chirurgia dell’ospedale con una prognosi di 40
giorni, dopo essere rimasto schiacciato da un palo di cemento
durante le operazioni di scarico da un autocarro.
Dal sopralluogo fatto con personale tecnico della prevenzione
e salubrità degli ambienti della Asl, la polizia ha accertato
che l’incidente era avvenuto in un terreno agricolo di Scurcola
Marsicana e non nella sede della ditta di costruzioni di
Avezzano. Da qui la denuncia del titolare, R.P., 74 anni, e
dell’albanese, A.T., 36 anni, che si trovava alla guida
dell’autocarro. Quest’ultimo è stato squestrato: si dovrà
accertare la sicurezza e l’idoneità all’attività lavorativa in
cui venica impiegato.
Altri accertamenti in corso servirannoa stabilire la
posizione assicurativa e di impiego dell’infortunato.

VITTIMA PORTO RAVENNA, UDIENZA PRELIMINARE
(ANSA) – RAVENNA, 20 MAR
– Dei 16 accusati di omicidio
colposo, undici chiederanno il rito abbreviato, uno ha
intenzione di patteggiare e quattro hanno optato per il rito
ordinario. È quanto uscito dall’udienza preliminare al
Tribunale di Ravenna per la morte di Luca Vertullo, ventiduenne
deceduto al suo primo giorno di lavoro al porto romagnolo l’1
settembre 2006.
Il giovane, che lavorava come interinale per la Compagnia
Portuale di Ravenna, morì sul colpo travolto da un rimorchio –
in sovrappeso, avrebbero stabilito le perizie a suo tempo
disposte dalla Procura ravennate – che stava per essere
imbarcato su un traghetto della Tirrenia, destinazione Catania.
Il giudice Cecilia Calandra ha fissato nel 3 aprile il termine
di cancelleria entro il quale le compagnie assicurative
dovrebbero chiudere la questione relativa ai risarcimenti ai
familiari (padre, madre e due fratelli già costituiti parte
civile). Prossima udienza fissata per il 6 aprile. 

UMBRIA OLII, UDIENZA GUP SPOLETO
(ANSA) – SPOLETO (PERUGIA), 18 MAR
– Le vittime sono Maurizio
Manili, di 45 anni, titolare di una piccola ditta di carpenteria
di Narni, ed i suoi operai, Tullio Mottini e Giuseppe Coletti,
entrambi di 48, e l’ albanese Vladimir Todhe, di 44, tutti
residenti in provincia di Terni. Stavano installando delle
passerelle alla sommità delle cisterne dello stabilimento. Con
loro c’ era anche un gruista che, per la posizione in cui si
trovava, è riuscito a salvarsi.
Venticinque i silos del complesso, con 500 mila litri di olio
di oliva destinato alla raffinazione, una dozzina dei quali sono
stati distrutti dall’ incendio seguito all’ esplosione.
Nel corso del procedimento la magistratura di Spoleto aveva
respinto la richiesta dell’ Umbria Olii di un risarcimento di 35
milioni di euro nei confronti dei familiari dei quattro operai
morti e dell’ unico sopravvissuto. «È come se mio marito fosse
morto un’ altra volta…» aveva detto Morena Sabatini, vedova
di Manili, commentando questa richiesta di risarcimento che
aveva suscitato le proteste di sindacati ed enti locali. Il 9
febbraio scorso la Corte di Cassazione aveva poi respinto un’
altra istanza della difesa che chiedeva lo spostamento del
processo in altra sede.
Stamani l’ avvocato Giuseppe La Spina, il difensore di Del
Papa, che non ha assistito all’ udienza, ha presentato una nuova
istanza di remissione del giudice che è stata respinta. In aula
c’ erano anche i familiari delle vittime costituitisi parte
civile. La vedova di Manili indossava una maglietta con la foto
del marito ed i nomi degli altri tre operai morti.
Con il provvedimento di rinvio a giudizio, emesso dopo un
paio di ore di camera di consiglio, il gip ha disposto la
celebrazione del processo per il 24 novembre prossimo.
Esattamente il giorno precedente la ricorrenza del terzo
anniversario del rogo.
In proposito Cgil e Fiom, che hanno annunciato di volersi
costituire parte civile, hanno lamentato la lentezza della
giustizia: tre anni per arrivare alla prima udienza del processo
che dovrà accertare le responsabilità della morte di quattro
lavoratori.

DUE CONDANNE PER VITTIMA NEL CREMONESE
(ANSA) – CREMONA, 18 MAR
– Ci sono due responsabili, secondo
il Tribunale di Cremona, per la morte di Angelo Carera che perse
la vita tre anni fa nel suo primo giorno di lavoro.
L’uomo morì per choc emorragico schiacciato da una trave di
cemento appena disarmata, dopo esservi rimasto sotto,
agonizzante, per 78 interminabili minuti. Accadde il 13 luglio
2005 a Casalmaggiore (Cremona). Carera, 33 anni, muratore di
Orzinuovi (Brescia), era nel cantiere della ditta Benvenuti,
situato nell’ex deposito delle corriere.
Oggi la morte bianca ha i suoi responsabili. Il giudice
Massimo Vacchiano del tribunale di Cremona ha condannato a 6
mesi di reclusione ciascuno per concorso in omicidio colposo,
Paolo Vezzoni, ingegnere di Casalmaggiore, coordinatore della
sicurezza e Gianluca Marconi, il datore di lavoro (pena sospesa
e non menzione).

SEI INDAGATI PER LA FRANA DI CALTANISSETTA
(ANSA) – CALTANISSETTA, 14 MAR
– Sono sei gli indagati per
l’incidente sul lavoro, avvenuto lo scorso 28 gennaio in via
Mario Gori, a Caltanissetta, che causò la morte di due operai
(Santo Notarrigo, 35 anni, e Felice baldi di 19), travolti da
una frana in un cantiere per la canalizzazione delle acque.
La Procura ha iscritto nel registro degli indagati due
impiegati comunali, due amministratori di condominio, il
titolare dell’impresa e l’architetto a cui era stata affidata la
direzione dei lavori. I sei indagati sono accusati di disastro
colposo plurimo e di omicidio colposo plurimo.
Gli interessati (tra loro c’è pure una donna) sono stati
sentiti più volte dai carabinieri, dal procuratore di
Caltanissetta Sergio Lari e dai sostituti Maria Pia Ticino ed
Edoardo De Santis.
Intanto, oggi pomeriggio 14 famiglie sfollate per la frana da
via Eber, sono tornate nelle loro case lasciate il 22 gennaio,
dopo i primi smottamenti. Ma sempre oggi altre nove famiglie
sono state costrette ad abbandonare un edificio di via
Redentore, a poca distanza da via Eber, a seguito del cedimento
di un pilastro portante dell’immobile.(ANSA). 

SEQUESTRATA AZIENDA NEL BARESE, 4 INDAGATI
(ANSA) – BARI, 11 MAR
– La procura di Bari ha sequestrato
l’officina ‘Orba sas‘ di Modugno (Bari) all’interno della quale,
il 16 febbraio scorso, è rimasto ferito gravemente un operaio.
L’uomo, Antonio Campanale, di 52 anni, ha riportato un trauma
facciale con fratture multiple e lesioni oculari dopo essere
stato schiacciato dalla cabina di un camion che stava riparando.
Il sequestro della sede della società è stato disposto dopo
che il pm inquirente, Renato Nitti, ha chiesto un accertamento
tecnico irripetibile. Alla richiesta la difesa ha risposto che
intende chiedere un incidente probatorio per lo svolgimento del
quale occorre molto più tempo perchè i periti devono essere
nominati dal giudice che deve disporre le modalità di
acquisizione delle prove. Da qui la decisione del pm di disporre
il sequestro della struttura.
Nell’inchiesta sono indagate per lesioni colpose gravissime
quattro persone: i due legali rappresentati della società –
Gaetano Lepore e Vito Belviso – il professionista che ha redatto
la valutazione dello stato del rischio per conto della ‘Orbà, e
l’operaio albanese di 35 anni che – secondo i responsabili della
società – avrebbe spento il motore del mezzo provocando l’
abbassamento del sistema idraulico che teneva la cabina
sollevata. 

MORÌ SCHIACCIATO DA CAMION, TRE A PROCESSO
(ANSA) – MILANO, 25 FEB

Il gup di Milano, Enrico Manzi, ha
rinviato a giudizio per omicidio colposo il presidente del
consiglio d’amministrazione, il direttore generale e un
dipendente di un’azienda milanese che produce impianti di
sabbiatura, in relazione alla morte di un operaio, schiacciato
da un camion all’interno del capannone dell’azienda.
Il processo per Maria Rosa Banfi, presidente del cda della
Banfi spa di Rescaldina (Milano), Ennio Tombetti, direttore
generale, e Renato Rinaldi, che era alla guida del camion,
comincerà il prossimo 7 luglio davanti al giudice monocratico
della sezione di Legnano del Tribunale di Milano.
L’operaio Alberto Di Molfetta morì dentro il capannone
dell’azienda investito e schiacciato contro un piano in lamiera
da un camion, guidato in retromarcia da un dipendente che non
aveva la patente per portare quel mezzo. Il presidente e il
direttore generale della società devono rispondere anche della
violazione delle norme sulla sicurezza dei lavoratori.
Il giudice nel disporre il processo ha ammesso come parti
civili, oltre alla moglie e alla figlia della vittima, anche i
suoceri del lavoratore.
TRAVOLTO DA TRENO; VERSO RISARCIMENTO
(ANSA) – MILANO, 24 FEB

È stato aggiornato al prossimo 29
aprile il processo in corso a Milano a carico di 10 persone, tra
cui 3 dirigenti e un architetto delle Ferrovie Nord e altre sei
persone responsabili di due imprese di manutenzione, imputate di
cooperazione in omicidio colposo per la morte di un operaio
travolto dal Malpensa Express nel maggio 2005, mentre stava
effettuando alcune riparazioni su un binario. Il giudice della V
sezione Penale ha disposto il rinvio, perchè le parti si sono
dette disponibili a trattare per un risarcimento a favore della
famiglia della vittima.
«Per ora non abbiamo ricevuto alcuna proposta formale, ma ci
aspettiamo un risarcimento dignitoso», ha spiegato l’avvocato
Piero Porciani, che rappresenta la moglie e i tre figli
dell’operaio morto, che si sono costituiti parte civile nel
processo. Il pm di Milano Edi Pinatto ha contestato nei
confronti degli imputati l’omicidio colposo in quanto nella
stazione di Bollate (dove l’operaio è stato travolto) non erano
state adottate le necessarie disposizioni di sicurezza, con
l’aggravante per gli imputati di aver agito «per mere esigenze
di contenimento dei costi». Qualora le parti trovassero un
accordo per il risarcimento, gli imputati potrebbero patteggiare
la pena. Porciani ha inoltre spiegato che senza un accordo è
pronto a chiedere una modifica dell’imputazione in omicidio
volontario.

DIVENTA IMPOTENTE, MOGLIE PARTE CIVILE
(ANSA) – SANREMO (IMPERIA), 9 FEB

La moglie di un operaio
di 56 anni, diventato impotente dopo un infortunio sul lavoro,
si è costituita parte civile al processo per lesioni e
favoreggiamento che vede tre persone sul banco degli imputati:
Giacomo Petazzoni, amministratore unico della ‘GP Costruzioni
srl
‘ e gli operai Antonio Todaro e Ramazan Zeka. Gli ultimi due
sono accusati di favoreggiamento per aver dichiarato, in sede di
indagine, che il collega era cascato da un altro mezzo e non da
un piccolo escavatore sul quale stava lavorando.
I fatti risalgono al 2004. Teatro dell’incidente fu un
cantiere di Cipressa (Imperia). L’uomo, travolto dallo stesso
mezzo che guidava, riportò la frattura dell’ala iliaca destra e
delle branchie ischio pubiche; la rottura post traumatica
dell’uretra, trauma che provocò incontinenza e l’assenza di
erezione; un trauma rotula destra con rilevata strutturale
alterazione e l’impossibilità di procreare. Lesioni, queste,
che gli costarono circa un anno di ricovero in ospedale.
Il giudice monocratico Lorenzo Purpura ha aggiornato
l’udienza, al prossimo 15 luglio, per l’audizione dei testi. 

(AGI) – Caltanissetta, 30 gen.
I vertici della Ecorigen sono
stati iscritti nel registro degli indagati per l’ipotesi di
omicidio colposo in relazione all’incidente sul lavoro di
mercoledi’ nello stabilimento petrolchimico di Gela, dov’era
rimasto ucciso l’operaio Salvatore Vittorioso, 34 anni. Tre gli
avvisi di garanzia emessi dalla Procura di Gela. Si tratta –
hanno precisato i magistrati – di un atto dovuto.

MORTI MOLFETTA; SETTE RINVII A GIUDIZIO
(ANSA) – TRANI (BARI), 30 GEN

Comincerà il 28 aprile 2009,
dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Molfetta (Bari),
il processo per la morte del titolare e dei quattro operai
della Truck Center di Molfetta (Bari), avvenuta il 3 marzo 2008
durante le operazioni di lavaggio di una cisterna che aveva
trasportato zolfo liquido.
Lo ha deciso, riferiscono alcuni quotidiani locali, il gup
del tribunale di Trani che ha rinviato a giudizio i sette
imputati (quattro persone fisiche e tre società) per i reati,
contestati a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, lesioni
colpose e violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro.
Secondo l’accusa, fu un’intossicazione acuta da acido
solfidrico a provocare la morte dei lavoratori che si calarono
nella cisterna l’uno per salvare l’altro.
Nel processo sono costituiti parte civile i familiari delle
vittime e l’Inail.

PREMIO SICUREZZA REVOCATO A DITTA CESENA
(ANSA)
– 23 GEN –
Il Comune di Cesena ha deciso di
revocare a Paresa, ditta di costruzioni cesenate, il premio per
la sicurezza sul lavoro che le aveva consegnato il 19 novembre.
La decisione è legata alla condanna di primo grado emessa
ieri dal tribunale di Montecorvino Rovella (Salerno) per
omicidio colposo, dopo la morte di Agostino Talò, il
capocantiere dell’azienda che il 27 settembre del 2001 morì
folgorato da una scarica elettrica. Condannati per questo il
presidente e legale rappresentante della ditta, Alberto
Palladino (un anno e quattro mesi); Pasquale Pagano,
coordinatore per la sicurezza della Eurogen (un anno) e il
gruista della Paresa, Giuseppe Calafato (quattro mesi).
La vicenda è stata al centro di una puntata della
trasmissione tv ‘Mi manda Raitrè del 28 novembre. Da qui la
revoca del Comune (che però ha confermato il premio ai
lavoratori, per la loro partecipazione diretta e consapevole al
percorso di innovazione): «La giuria – si legge in una nota –
ha valutato che il procedimento penale e l’odierna condanna,
anche se riferiti a vicende precedenti al periodo preso in
considerazione al momento dell’assegnazione del premio,
rischiano di apparire alla pubblica opinione contraddittori
rispetto alle finalità del premio stesso e, quindi, vanificarne
il risultato».
Soddisfatta per la revoca, la vedova di Agostino Talò,
Rachele Tafuri anche se il Comune «con una valutazione più
oculata, avrebbe potuto evitare di procurare a me, alle mie
figlie, ai fratelli e ai genitori della vittima, una ulteriore
sofferenza». (ANSA)

MUORE IN CAVA DI MARMO NEL BARESE, DENUNCIATI DUE OPERAI (23 gennaio) – – I carabinieri della Compagnia di
Trani hanno denunciato all’Autorità Giudiziaria per favoreggiamento
due operai della Elmart che lavorano nella cava di marmo di proprietà
della Elmart a Ruvo di Puglia, sulla strada per Altamura, in provincia
di Bari, dove ieri un operaio, Michele Cignolo, di 53 anni, di
gravina, ha perso la vita, probabilmente schiacciato da una pala
meccanica.
I militari hanno inoltre arrestato Francesco Pappalettera, 33
anni, uno dei soci, per omicidio colposo.

GORIZIA (20 gennaio) – Il Gup del Tribunale di Gorizia, Caterina Brindisi, ha rinviato a giudizio oggi 26 persone in relazione ai decessi legati all’esposizione all’amianto di 25 tra dipendenti dello stabilimento navalmeccanico Italcantieri di Monfalcone (Gorizia) e dipendenti delle ditte che operavano in subappalto. navalmeccanico Italcantieri di Monfalcone (Gorizia) e dipendenti delle ditte che operavano in subappalto.Parte dei rinvii a giudizio sono in relazione anche alle malattie, sempre riconducibili all’esposizione alle fibre di amianto, di altri tre lavoratori attualmente ancora in vita. Tra i rinviati a giudizio figurano gli ex presidenti del Cda Italcantieri, Vittorio Fanfani e Giorgio Tupini, l’ex presidente del Cda, Enrico Bocchini, l’ex direttore generale Corrado Antonini, gli ex direttori del cantiere Giancarlo Testa e Manlio Lippi.
Sono state rinviate a giudizio anche persone che ricoprivano incarichi di vertice nell’ambito delle ditte che operavano in subappalto nello stabilimento monfalconese, oltre all’attuale assessore provinciale alle politiche del lavoro di Gorizia, Marino Visintin, in passato responsabile del servizio di sicurezza del cantiere monfalconese.La prima udienza del processo è fissata per il 4 giugno.

ILVA:IN APPELLO PRESCRITTI QUASI TUTTI I REATI
(ANSA) – GENOVA, 19 GEN
Sono prescritti quasi tutti i reati
per il presidente del gruppo Riva, Emilio Riva, e per i figli,
Arturo e Claudio, mentre parte degli atti tornano alla Procura:
è questa la conclusione del processo in appello per
l’inquinamento ambientale provocato dall’Ilva di Cornigliano tra
il 2001 e il 2005.
Stamani, il pm Carlo Felice Tramontano aveva chiesto un anno
d’arresto per i tre imputati. Il processo di primo grado,
tenutosi tra il novembre 2004 e l’ottobre 2006, si concluse con
la condanna dei Riva a un anno e 4 mesi d’arresto (pene
condonate) e l’indennizzo alle parti civili.
La prima sezione penale della Corte d’appello, presieduta da
Giorgio Odero, dopo oltre due ore di Camera di consiglio, ha
deciso di riconoscere le prescrizioni relative ai capi
d’imputazioni legate alla cokeria, mentre ha rimandato alla
Procura gli atti relativi all’altoforno per vizi procedurali.
«Un atto formale perchè la prescrizione è alle porte», ha
commentato il legale di Legambiente Stefano Bigliazzi. Quanto
alle associazioni Legambiente e Per Cornigliano, la Corte le ha
riconosciute come intervenenti e non come parti civili. Per
questo potranno solo avere il riconoscimento delle spese legali. 
PETACCIO (CB) – Operaio morto sul lavoro, assolto il datore – 16 GEN
È stato assolto dall’accusa di violazione delle leggi sulla sicurezza
il titolare della ditta «Comei»
di Petacciato dai giudici del Tribunale
di Larino. L’uomo era finito davanti ai giudici a seguito del
mortale infortunio sul lavoro di un suo dipendente, Antonio
Baldassarre, 40 anni di Termoli. L’operaio, intento ad effettuare lavori sul tetto di una vecchia fornace
in via di rifacimento, precipitò a causa del cedimento del solaio della
struttura il 29 settembre del 2005.
I giudici di primo grado hanno però ritenuto estraneo ai fatti il datore di lavoro dell’uomo. In
pratica, il decesso di Baldassare sarebbe stato causato da una tragica
fatalità, per la quale non sono individuabili dei colpevoli. L’imputato,
difeso da Domenico Porfido, è stato assolto con la formula del rito
abbreviato per non aver commesso il fatto dal giudice Nicola
Colantonio.

TRAVOLTO DA TRENO; GUP, 10 A PROCESSO – MILANO, 13 GEN – Il Gup di Milano Giulia Turri ha
rinviato a giudizio dieci persone tra cui tre dirigenti e un
architetto delle Ferrovie Nord e altre sei persone tra legali
rappresentanti e responsabili della sicurezza dei lavoratori di
due imprese di manutenzione che avevano in gestione la stazione
di Bollate, per la morte di un operaio travolto dal Malpensa
Express
nel maggio del 2005 mentre stava effettuando alcune
riparazioni su un binario. Per tutti l’accusa è cooperazione in
omicidio colposo.
Le dieci persone saranno processate a partire dal prossimo 24
febbraio davanti alla quinta sezione penale del tribunale
(giudice monocratico). Nel corso dell’udienza preliminare, oltre
ai familiari della vittima, moglie e tre figli, si sono
costituiti parte civile l’Inail e la Cassa Svizzera in quanto
dal giorno dell’ incidente versano la rendita mensile agli
eredi. I due Enti sono assistiti dall’avvocato Giuseppe Polliere
e dal collega Guido Vignoli. I familiari invece sono assistiti
dall’avvocato Piero Porciani il quale ha annunciato che
depositerà una richiesta di modifica del capo di imputazione in
omicidio volontario «perchè per risparmiare quattro soldi è
morto un lavoratore». Infatti la Procura nel chiedere il
processo per i dieci aveva contestato la cooperazione in
omicidio colposo in quanto non erano state adottate le
necessarie disposizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro, con
l’ aggravante di avere agito «per mere esigenze di contenimento
dei costi». Secondo l’accusa per impedire la tragedia sarebbe
bastato utilizzare due persone come «agenti di protezione» con
il compito di avvisare dell’arrivo dei treni gli operai al
lavoro. Questa precauzione avrebbe salvato Sergio Della Morte,
operaio specializzato e dipendente della ditta Donati Spa di
Cremona che aveva in subappalto i lavori alla stazione, finito
sotto un treno mentre stava facendo delle riparazioni a un
binario della stazione. 

MORTI OPERAI FS; NUOVA UDIENZA TRA 2 MESI – CATANIA, 12 GEN – È cominciato nel pomeriggio a
Catania davanti al giudice monocratico Dora Bonifacio il
processo a cinque colleghi di lavoro di Giuseppe Virgillito e
Fortunato Calabrese, i due operai di Rfi morti il primo
settembre dello scorso anno travolti dal treno regionale 382
Palermo-Catania mentre stavano lavorando a un binario nella
stazione ferroviaria di Motta Sant’Anastasia, nel Catanese.
Il giudice monocratico ha fissato la prossima udienza per il
prossimo 27 marzo per permettere ai pm di stilare la lista dei
testimoni.
Stamane si è costituito parte civile il macchinista che era
alla guida del treno che travolse i due operai. I legali della
famiglia Virgillito hanno invece chiesto che le FS vengano
citate come responsabili civili.

MUORE IMPRENDITORE; APERTA INCHIESTA
– 12 GEN
– Il sostituto procuratore di
Messina Claudio Onorati ha aperto un’inchiesta sulla morte di
Giovanni Puglisi, l’imprenditore di 63 anni morto ieri notte
dopo essere rimasto incastrato nella cabina di un escavatore
mentre lavorava nella sua proprietà nel villaggio di Santa
Margherita a Messina.
I vigili, intorno alle 4 del mattino, sono riusciti ad estrarre
il corpo dalle lamiere. L’ipotesi più accreditata, fino a
questo momento, è che l’uomo, che aveva lavorato tutto il
pomeriggio nella sua proprietà, vedendo l’escavatore in bilico,
abbia cercato, da solo, di spostarlo per metterlo in sicurezza.
Poi per cause da accertare, il mezzo si sarebbe inclinato e la
cabina staccata.

2 INDAGATI PER MORTE OPERAIO NEL VITERBESE – VITERBO, 10 GEN – Due persone sono state iscritte
nel registro degli indagati della procura della Repubblica di
Viterbo per la morte di Raffaele Felli, 62 anni, operaio di una
ditta di Roma specializzata nella rimozione di amianto, caduto
ieri dal tetto di una fabbrica di copriwater a Fabrica di Roma,
nel viterbese. Sull’incidente, oltre a quella della
magistratura, è in corso un’altra inchiesta da parte dell’
ispettorato del lavoro di Viterbo.
L’operaio, secondo quanto accertato dai carabinieri della
compagnia di Civita Castellana, mentre era intento a rimuovere
la copertura in Eternit della fabbrica, è stato urtato dal
braccio di una gru di proprietà dell’impresa di cui era
dipendente ed è precipitato al suolo da circa 8 metri
d’altezza. Trasportato in eliambulanza al policlinico Gemelli di
Roma, è deceduto poco ore dopo il ricovero a causa delle
gravissime lesioni riportate.
Raffaele Felli è la prima vittima del lavoro del 2009 in
provincia di Viterbo e nell’intera Regione Lazio.

PIEDE AMPUTATO E LICENZIATO, GIULIETTI – ANCONA, 9 GEN – L’on. Giuseppe Giulietti (Idv)
annuncia un’interrogazione al ministro Sacconi sul caso di
Giorgio Sordini, magazziniere in una ditta di trasporti di
Filottrano (Ancona), la Filotran, che nel febbraio 2008
s’infortunò in un locale dell’azienda: il piede sinistro finì
schiacciato da un muletto. Risultati vani tutti i tentativi per
salvargli l’arto, l’avampiede sinistro dovette essere amputato.
Sordini, denuncia Giulietti, oltre che «non vedere
riconosciuto, perchè diabetico, il suo infortunio per
l’interpretazione da parte dell’Inail della legge 115 del
1987», è stato anche licenziato perchè non può svolgere più
le sue mansioni. «Non è l’unico caso – sostiene il deputato
dell’Idv – sono decine i contenziosi in atto in sede di
tribunale del lavoro. Un atteggiamento sul quale le associazioni
imprenditoriali dovrebbero intervenire presso i loro
associati».
L’interpretazione dell’Inail (che, dice Giulietti, ha
assegnato a Sordini una «misera rendita di 257 euro al mese»),
è in contrasto con quanto sostengono i sanitari che hanno avuto
in cura l’uomo.

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