Morti sul lavoro. Un settore che non conosce Crisi

Tratto da Siderlandia di Vincenzo Vestita

Come da tradizione consolidata, il passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo porta con se tutta una serie di bilanci e statistiche, che spaziano in campi tra loro diversissimi e che coprono una vastissima casistica tra il serio e il faceto. Ve n’è una però che non è altro che una tragica conta di vite perse sul lavoro, le cosiddette “morti bianche”, una elegante locuzione per attribuire una neutralità ed una inevitabilità ad un fenomeno che non è né neutro né inevitabile.

 

Il 2011 si è chiuso con un bilancio che di bianco non ha nulla; oltre 1170 donne e uomini sono morti per il semplice fatto di essere andati a lavorare, martiri immolati sull’altare del PIL di un Paese in cui i controlli sono casi così isolati che conviene rischiare di pagare una multa ogni trent’anni piuttosto che investire (meglio dire spendere) sulla sicurezza dei lavoratori. I 1170 casi sono il numero effettivamente accertato, una stima minima, in qualche modo il limite inferiore di una funzione che tende a risultati, purtroppo, ben più consistenti. Bisognerebbe aggiungere infatti tutti i casi di decessi che riguardano lavoratori a nero che non emergono e i casi di incidenti in itinere che per un motivo o per l’altro finiscono nella casistica degli incidenti stradali.

 

I dati disaggregati offrono un quadro più chiaro:

 

  • 663 decessi sui luoghi di lavoro (+11,61% rispetto al 2010), 507 decessi in itinere;
  • 207 morti sui luoghi di lavoro in Agricoltura (31,16% sul totale) di cui 138 schiacciati sotto il proprio trattore (il 20% di tutti i morti sui luoghi di lavoro);
  • 173 vittime in Edilizia (26,62% sul totale) di cui 66 casi sono per caduta dall’alto. Le vittime sono per la maggior parte edili meridionali e stranieri anche nei cantieri del centro-nord;
  • 71 morti (con il 10,9%) nell’Industria, a cui bisogna aggiungere i lavoratori esterni che non sono dipendenti diretti ma prestatori di servizi nelle aziende;
  • 53 nell’Autotrasporto con il 7,9% sul totale;
  • 9 militari nelle “missioni di pace” (altra locuzione elegante per trasformare la sostanza delle cose);
  • i restanti sono da ricondurre nella categoria dei Servizi.

 

Gli stranieri morti sui luoghi di lavoro sono 74 con l’11,3% sul totale. I romeni sono il 40% di tutti i morti sui luoghi di lavoro tra gli stranieri e gli albanesi il 18,1%.

 

La suddivisione per fasce d’età è la seguente:

 

  • Meno di 30 anni: 10,8%;
  • Dai 30 ai 39: 14,1%;
  • Dai 40 ai 49: 19,0%;
  • Dai 50 ai 59: 18,8%;
  • Oltre i 60 anni: 26,2%;

 

N.B. del 9,8% delle vittime l’età è sconosciuta.

 

In Puglia vi sono stati 39 casi accertati di decessi sul luogo di lavoro a fronte dei 45 del 2010. E’ in ogni caso una magra consolazione visto che la nostra è una delle poche regioni italiane che mostra un dato leggermente in controtendenza. Il dato nazionale totale infatti dice che vi è stato un aumento pari all’11,61% rispetto al 2010, anno in cui ci sono stati 594 lavoratori deceduti sul proprio posto di lavoro. Ed è il dato peggiore da ben 5 anni a questa parte, segno che quello del risparmio sulle vite dei lavoratori è un settore che non solo non conosce crisi ma è addirittura in piena espansione, questo perché il tema della sicurezza viene considerato dalla stragrande maggioranza delle aziende alla stregua di un costo insostenibile, specie in periodi di crisi economica. (2008 – 637 morti; 2009 – 555 morti; 2010 – 594 morti; 2011 – 663 morti)

 

Queste cifre, questi dati, queste percentuali non vengono dall’ Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, che ci fornirà tra qualche settimana (o forse mese) i freddi dati ufficiali corredati da bellissime tabelle e grafici colorati, probabilmente migliori perché al netto dei casi di lavoro a nero. Sono dati raccolti dall’Osservatorio Indipendente di Bologna Morti sul Lavoro, creato da Carlo Soricelli, un artista e operaio in pensione, che fa un lavoro enorme con il suo blog (http://cadutisullavoro.blogspot.com), aggiornando giorno per giorno le morti sul lavoro che ci sono in ogni parte d’Italia nel ricordo dei 7 operai arsi vivi allaThyssenKrupp di Torino.

 

Sono dati che parlano in qualche modo da soli e la cui lettura, anche solo superficiale, dovrebbe offrire al legislatore una serie di elementi per intervenire in maniera urgente nel tentativo, se non di risolvere, quanto meno di attenuare alcuni aspetti che, per la loro estrema chiarezza, gridano vendetta. Due elementi su tutti: una regolamentazione del settore delle macchine agricole con lo scopo di aumentarne la sicurezza (costano una vita ogni tre giorni) e un intervento per la fascia d’età dei lavoratori over 60. In effetti un intervento su quest’ultimo aspetto è stato apportato qualche settimana fa, eliminando nei fatti le pensioni di anzianità e allungando fino ad oltre 5 anni l’età per raggiungere i requisiti per andare in pensione, in modo orizzontale e senza distinzioni di tipologia di lavoro. La conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che la “crescita economica” e il “risanamento del debito” caricata sulle spalle di chi lavora porterà per questi ultimi anche dei costi collaterali aggiuntivi (qualche centinaia di vite).

 

Per me che lavoro nel più grande stabilimento siderurgico d’Europa, da sempre al centro dell’attenzione per quello che riguarda infortuni mortali (oltre 40 dal 1995), è un sollievo constatare che anche nel 2011, per il terzo anno di fila, non abbiamo dovuto stringerci attorno alla famiglia di un collega morto. Ciò non vuol dire che la fabbrica sia diventata improvvisamente un luogo sicuro dove lavorare. Quello che si può dire invece è che, per una serie di fattori concomitanti, è diventata un luogo di lavoro più sicuro rispetto al passato anche recente. Dall’analisi che ne faccio posso ridurre a tre questi fattori. Il primo fattore è l’adeguamento dell’azienda al decreto legislativo 81/08, il cosiddetto Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, licenziato gli ultimi giorni del Governo Prodi sulla scia del grande scalpore mediatico della tragica fine dei 7 ragazzi di Torino bruciati vivi perché la multinazionale tedesca dal fatturato pari ad oltre 33 miliardi di euro non aveva adeguato di proposito il sistema antincendio poiché aveva già deciso di chiudere la fabbrica di lì a qualche mese. Questo adeguamento al Testo Unico, migliorativo in tutto e per tutto rispetto alla vecchia 626, ha perfezionato molto l’organizzazione aziendale, specie per quanto riguarda il rischio incendio e la formazione degli “addetti alla sicurezza” ha contribuito in maniera importante a fornire un approccio scientifico e coordinato alle situazioni di pericolo. Il secondo fattore è anagrafico, visto che oramai la forza lavoro ha sulle spalle una decina di anni di esperienza, sufficiente alla conoscenza dei maggiori fattori di pericolo degli impianti di appartenenza, che, unito al fatto di non poter essere licenziati senza giusta causa (quella cosa chiamata “Articolo 18”), ci evita di dover compiere “manovre azzardate” oltre un certo limite. Il terzo fattore è la Crisi, che in qualche modo ha rallentato di molto la frenesia che era percepibile quando bisognava inseguire i record produttivi, periodo in cui fermate prolungate di impianti comportavano una pressione che mal si lega con la tranquillità e la lucidità necessaria per operare nella massima sicurezza. Inoltre il minor numero di commesse a ditte esterne ha diminuito gli infortuni mortali dei lavoratori delle ditte di appalto (sugli ultimi 5 infortuni mortali in Ilva, 4 erano a carico di lavoratori dell’appalto, la cui attenzione agli aspetti di sicurezza è sicuramente insufficiente).

 

Il 2011 è stato anche l’anno della storica sentenza per la morte dei 7 ragazzi di Torino e in cui l’Amministratore Delegato della ThyssenKrupp, Espenhahn, è stato condannato a 16 anni di reclusione per omicidio volontario. Il 2011 è stato l’anno in cui lo stesso Espenhahn è stato accolto con una standing ovation dopo la sua condanna, in una assise di Confindustria, di cui il mio datore di lavoro è uno dei massimi esponenti. Il 2011 è il quarto anno che ogni volta mi rendo conto che la mia sicurezza sul posto di lavoro è aumentata rivolgo un pensiero di triste gratitudine adAntonio, Angelo, Bruno, Santino, Rocco, Rosario e Giuseppe ma anche a Paolo e Pasquale e a tutti quelli che ogni anno si perdono nelle pieghe dei numeri e delle statistiche e che lasciano affetti e disperazione solo per essere andati a lavorare.

 

 

 

 

 

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Una risposta a Morti sul lavoro. Un settore che non conosce Crisi

  1. OK MORANDO SERGIO Crocefieschi Genova Malpotremo Lesegno Italia Argentina scrive:

    CRANE ACCIDENTS COLLAPSE TOWER OSHA STATISTICS USA GRU EDILI
    è un sito Americano ad esempio che raccoglie vari filmati e fotografie di quanto avviene in vari incidenti mondiali con le cranes gru a torre edili e gru su gomma etc. incidenti con statistiche varie dovute a SALDATURE con DIFETTI soffiature..saldature BUCATE mancanti o di fusioni del ferro errate cricche etc.etc.
    si può leggere e vedere su questo sito:
    http://www.craneaccidents.com e http://www.towercranesupport.com cliccando aperti questi due siti su crane accident statistics ma anche da noi c’è un informato sito Italiano http://www.puntosicuro.it che a mio avviso dovrebbe collegarsi al sito americano sopra menzionato in quanto le gru prodotte ad esempio in Italia sono poi vendute ad altre Nazioni mondiali.. e NON tutto è “luce”..ed il titolo sopra : MORTI SUL LAVORO in Italia è un settore che non conosce crisi..è purtroppo VERO! E questo accade in alta percentuale nei contratti PRECARI caso che tra l’altro porterò ad Udienze presso il Tribunale di Mondovì tra ditte interinali (–)coinvolte e grande multinazionale (–)limitrofa al Tribunale di Mondovì..che costruisce e vende cranes (gru) edili a torre e gru semoventi su gomma..dove per ANNI e ANNI di vari contratti PRECARI non si è assunti per le VERE qualifiche d’assunzione ..da bassi profili lavorativi si invece fatto fare i SALDATORI di gru..CARRELLISTI gruisti ..scoprendo persino sui telai delle gru saldature bucate mancanti ma saldando SENZA nessuna visita MEDICA da SALDATORE ! SENZA avere da legge corsi e uso dei macchinari saldatrici etc.! Senza PATENTI da SALDATORE che sono tanti diversi AD ESAMI e con SCADENZE BIENNALI ! Etc.etc. TANTE LEGGI EUROPEE qui ampiamente violate da riempire in denuncia inoltrata presso i Carabinieri di San Michele Mondovì di più pagine! LEGGI EUROPEE D.lgs 81/2008 – 626 VIOLATE contro gli stessi operai PRECARI in ANNI e ANNI di contratti! E queste leggi violate ricadono poi sui prodotti e possono mettere arischio ulteriori PERSONE altri LAVORATORI ! Un fare Italiano PESSIMO da VERGOGNA e si deve subire il tutto con RICATTO e così subentrano altre VIOLAZIONI di LEGGE non solo sulle 81/2008 ma anche di violazioni sulle SORVEGLIANZE SANITARIE e di LAVORI USURANTI e SULLE MALATTIE PROFESSIONALI tanto qui per citarne solo alcune ! Servirebbe come il scrivere queste VERITà anche la COLLABORAZIONE delle Istituzioni Polizia Postale compresa in quanto dopo essersi sincerata che sono verità..ed di UTILITà GENERALE per TUTTI non solo per i Lavoratori Precari coinvolti questa dovrebbe attivare gli ISPETTORI ASL INAIL INPS e VIGILI del FUOCO ISPETTIVI ..ISPETTORI del LAVORO etc.. e le ISPEZIONI fatte CON i nostro coinvolgimento PARTECIPARE attivamente alle ISPEZIONI abbi9amo anni e anni di pratica anche se precari e messi pure..in disoccupazione FORZATA così si violano oltre le 626-81/2008 anche gli stessi Articoli della Costituzione Italiana: 1 – 4 e 36 e violati pure gli Articoli della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo ! Crisi o non crisi le leggi T.U.S.L. 81/2008 – 626 DEVONO ESSERE VERAMENTE RISPETTATE ma nel PRECARIATO contrattuale posso assicurarvi che questo NON avviene poi tanto! E non è un caso che in Italia si continua a morire di lavoro…od a infortunarsi.. le inchieste del DOPO..incidenti non servono poi a tanto ..SERVE REALE PREVENZIONE E RISPETTO DELLE 81/2008 ! E VERE RIPETUTE ISPEZIONI CONTRAPPOSTE iniziandole presso i Centri per l’impiego..vedere ed ispezionando tutti i nostri profili assuntivi..modello c2 anche in RETROATTIVO si può ispezionare idem per le ditte interinali e loro clienti..si può ISPEZIONARE E SAPERE..se abbiamo le assunzioni per le reali qualifiche fatte con i relativi corsi e uso pericoli dei macchinari usati ..se abbiamo patenti di saldatore..mulettista gruista etc. se abbiamo o no le VISITE MEDICHE e se fatte..per le reali qualifiche insomma VERE e ripetute ISPEZIONI CONTRAPPOSTE farebbero evitare noi operai PRECARI di andare a finire in tribunale per testimoniare o scrivere queste squallide VERITà e visto che questo NON viene quasi per nulla fatto.. bisogna SCRIVERE..quando sono verità di utilità generale a salvaguardia delle PERSONE LAVORATORI e NON LAVORATORI TUTTI si DEVE COLLABORARE e alle Istituzioni preposte faccio un appello: CHIEDETE LA NOSTRA COLLABORAZIONE ISPETTIVA QUANDO SI SANNO LE COSE la Vostra grammatica unita alla nostra pratica in questo campo di continue violazioni sul lavoro può fare grandi cose ! Io personalmente sono disponibile e volontario basta comunicarmelo Grazie.
    Morando Sergio

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